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Quattro domande a Victoria Jamieson di Mara Pace

victoria jamieson

Tra gli ospiti del Lucca Comics and Games 2018 ci sarà anche Victoria Jamieson, fumettista e illustratrice americana in Italia pubblicata da Il Castoro. La sua prima graphic novel, Roller girl (Newbery Honor negli Stati Uniti) è del 2016 e narra una storia di sport e amicizia.

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In occasione del festival di Lucca arriva invece Angelica alla scuola media!, dove l’autrice racconta l’ingresso a scuola di una ragazza che ha sempre studiato a casa, immersa nel mondo lavorativo dei genitori, figuranti di una Fiera rinascimentale in Florida.

Anche in questo caso, come in Roller Girl, il racconto nasce da sue esperienze autobiografiche?

Molti miei libri si basano su ricordi o passioni personali. Negli Stati Uniti i festival rinascimentali sono molto comuni e, quando avevo sedici anni, ci ho lavorato come volontaria. Ho incontrato persone molto interessanti e mi sono divertita, perché era come vivere ogni fine settimana in un mondo fantastico. Ho pensato che la famiglia di Angelica, immersa in questa realtà variopinta, creasse un interessante contrasto con il mondo duro e difficile della scuola media.

Conosce il romanzo Professione spia di Louise Fitzhugh? Sente che Harriet e Angelica abbiano qualcosa in comune?

Quando ero bambina, bibliotecari e insegnanti mi osservavano contrariati, perché non sembravo interessata a leggere libri nuovi: preferivo riprendere in mano sempre gli stessi. In particolare quelli di Ramona Quimby, ma anche Professione spia, un romanzo che ho amato molto. In effetti vedo qualche somiglianza tra Harriet e Angelica. Come nel romanzo di Louise Fitzhugh, dove il diario della protagonista viene letto da tutti, anche i ritratti offensivi realizzati da Angelica comportano delle conseguenze, quando vengono appesi nei corridoi della scuola senza che lei lo sappia. Cerco sempre di raccontare personaggi tridimensionali, che fanno errori e a volte feriscono persino i loro amici. L’aspetto più interessante, dal mio punto di vista, è capire l’evoluzione del personaggio quando deve confrontarsi con un proprio errore.

Astrid e Angelica amano rispettivamente il roller derby e la spada. Che importanza ha lo sport nella sua vita?

Da bambina non ero molto sportiva, anzi. Ero silenziosa, timida: preferivo stare da sola più che giocare in squadra. Ho sempre pensato di essere una pessima sportiva perché non correvo veloce e non ero competitiva. Solo da adulta ho capito che, pur non vincendo nemmeno una corsa, potevo divertirmi lo stesso. Il roller derby è stato il primo sport di squadra che io abbia mai amato. Mi ha fatto subito sentire a casa. Lo sport dovrebbe fare questo: trasmettere forza e fiducia ai bambini che lo praticano. Gli sport alternativi, come il roller derby, stanno diventando sempre più popolari e mi auguro che questo aiuti tanti ragazzi – che non hanno successo come atleti in senso più tradizionale – a trovare uno sport che amano.

Perché ha iniziato a disegnare e scrivere fumetti?

Ho sempre amato i libri, la scrittura e il disegno. Sognavo di diventare un’animatrice della Disney. Mi sembrava il lavoro perfetto: avrei raccontato storie e avrei disegnato tutto il giorno. Dopo alcune lezioni di animazione in università, però, ho capito quanto lavoro e quanti professionisti si nascondevano dietro un cartone animato. I libri offrono una maggiore autonomia. Posso scrivere la storia che preferisco e illustrarla come più mi piace, arrivando (con l’aiuto del mio editor) al risultato che desidero davvero. Prima di Roller girl, ho realizzato molti albi illustrati per l’infanzia. Quando ho deciso di raccontare questa storia, però, ho capito che serviva un contenitore differente. Più o meno in quel periodo era uscito Smile di Raina Telgemeier: il successo che ha ottenuto ha spianato la strada a molti autori di graphic novel, me compresa. Ora sto lavorando al mio quinto titolo e sento di amare molto questa dimensione narrativa. Mi piace giocare con le parole e le immagini: in fondo per realizzare un fumetto basta avere un foglio, una matita e una storia da raccontare.

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