L'ARTICOLO DEL MESE

Mario Lodi scrittore di Pino Boero, curatore del monografico dedicato al maestro e scrittore

In occasione delle celebrazioni in ricordo di Mario Lodi, inaugurate il 17 febbraio 2022, quando il maestro e scrittore avrebbe compiuto cento anni, la rivista Andersen dedica un monografico a questa figura fondamentale della cultura per l’infanzia e della scuola, con numerosi contributi, approfondimenti e testimonianze che ne indagano la biografia e l’opera. Gli articoli spaziano dalla letteratura alla scrittura con i bambini; dalla riflessione educativa al dialogo sempre aperto con altri linguaggi. Il numero è stato curato da Pino Boero, che firma anche l’articolo su Mario Lodi scrittore, il contributo che anticipiamo online in occasione della ricorrenza del 17 febbraio, con la quale si dà inizio all’anno lodiano. Per leggere il monografico, potete acquistarlo nel bookshop oppure abbonarvi entro il 15 marzo alla rivista Andersen: sarà il primo numero che riceverete. 

L’elemento che più colpisce nella sterminata produzione non saggistica di Mario Lodi riguarda la molteplicità dei generi “frequentati”: favole, racconti, romanzi, teatro, poesia… si può dire che, includendo testi nati sulla scorta dei lavori con i bambini, Lodi non abbia trascurato nessuno dei possibili modi della comunicazione letteraria e questo mi conferma nell’idea che la definizione di “maestro-poeta” attribuita a Lodi da Rodari nascesse dalla consapevolezza dello scrittore di Omegna di trovarsi davanti a un maestro dalla forte vocazione letteraria, totalmente disponibile all’invenzione e alla scrittura; se confrontiamo infatti le date vediamo che dopo un esordio nel 1948 su «La vita scolastica» Lodi approda alla riflessione didattico-pedagogica solo dopo il suo incontro con il Movimento di Cooperazione Educativa, mentre nel  1957 pubblica il romanzo Il permesso che delinea – come ben si accorse Rodari – una poetica già chiara:

“Un altro maestro amico mio ha fatto un esperimento. Ha letto in classe il libro di Mario Lodi intitolato Il permesso, che è un libro senza lieto fine. Anzi, finisce malissimo. Detta in poche parole è la storia di due ragazzini di campagna che trovano due leprotti, li salvano, li allevano di nascosto e, dopo tante avventure, li rimettono in libertà in un bosco dove i cacciatori non potranno raggiungerli (e notate che tra i cacciatori c’è anche il padre di uno dei ragazzi…) perché quel bosco è ‘riserva di caccia’. Le due bestiole schizzano via, i ragazzi si guardano felici e dopo pochi minuti… pam! pam! due colpi secchi: le lepri sono cadute vittime di quei cacciatori privilegiati che hanno ‘il permesso’ di sparare e uccidere anche in ‘riserva’…”.

 

Rodari inserisce questo riassunto all’interno di una sua riflessione sul dibattito che si era svolto in una classe dopo la lettura del libro: il mancato “lieto fine” costituisce motivo di indignazione, sollecita i bambini a riflettere sulla caccia e a proporre altri finali. Al di là del pensiero rodariano resta comunque un dato che impronterà tutta la scrittura creativa di Lodi, quello di una pessimistica serietà che nulla concede al buonismo ed invece propende ad evidenziare criticità, a creare domande e stimolare riflessioni (nel caso specifico sulla caccia e sull’inutile massacro di animali con una valorizzazione della campagna come spazio di libertà e di scoperte per l’infanzia).

Interni de Il soldatino del Pim Pum Pà di Mario Lodi, nell’edizione Orecchio Acerbo illustrata da Michele Rocchetti.

Con la fine degli anni Cinquanta Lodi diventa firma costante del periodico «Cooperazione Educativa», a livello di testi elaborati con l’infanzia pubblica Bandiera e Cipì mentre a livello di riflessione pedagogico didattica esce C’è speranza se questo accade al Vho, non trascura però la produzione creativa personale, sono significativi al riguardo sia la prova in rima de Il soldatino del pim pum pà sia tre favole e una filastrocca, pubblicate in rapida successione su «Il Pioniere dell’Unità» nel 1966. Ne Il soldatino del pim pum pà la vocazione democratica di Lodi affida a cadenze molto vicine alla ballata popolare e alle rime del Corrierino la storia di Tino (un contadino) che viene chiamato alle armi da Re per imparare “a fare la guerra” e invece utilizza il suo fucile per “rovesciare”, cioè capovolgere non metaforicamente i colpevoli delle ingiustizie sociali. Il tema del rovesciamento del potere è tipico dell’utopia popolare del paese che “ancora non c’è” e anche Rodari lo utilizzerà in diverse occasioni, da Le carte parlanti al romanzo Gelsomino nel paese dei bugiardi, si può dire che proprio a questo tema, giocato comunque sull’ironia, i due scrittori affidino negli stessi anni un messaggio di giustizia sociale.  

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Anche i testi usciti su «Il Pioniere dell’Unità», pur in un impianto tradizionale, danno già idea della direzione della narrativa successiva: ne Il pesce vivo e il pesce morto un re parla alla televisione e promette “gettoni d’oro” a chi dei sudditi saprà rispondere se pesa di più un pesce vivo o un pesce morto; le varie risposte dei sapienti che tirano ad indovinare utilizzando la teologia, la scienza e la filosofia sono tutte errate e vince la gara un contadino che, portando con sé una bilancia, dimostra che il peso del pesce non cambia. Il lieto fine tradizionale non c’è perché il contadino rifiuta i “gettoni d’oro” e invita il re a far costruire scuole per tutti fornendole di una bilancia. Ne Il lupo della prateria un gruppo di bambini sconfigge un lupo semplicemente tenendosi la mano perché “il lupo ha paura dei bambini che si danno la mano”. Nel racconto Lo spaventapasseri è sempre un contadino a contestare il padrone dei campi che gli impedisce di sostituire i suoi abiti logori con quelli migliori di uno spaventapasseri; nello stesso numero, nella Filastrocca della mano, Lodi parla della funzione di ogni dito ma anche del fatto che solo insieme possano compiere azioni. In questi testi fanno la loro comparsa a livello narrativo molti dei temi che Lodi affronterà in tutta la sua produzione: dalla presenza del mondo contadino all’importanza di una scuola impostata sull’esperienza, dall’idea che, davanti alle difficoltà, l’unione faccia la forza alle potenzialità progettuali dell’infanzia

Nel corso degli anni Lodi, parallelamente alla saggistica e alla scrittura dei bambini, continua a costruire un personale percorso narrativo: in questa sede non toccherò tutta la produzione ma cercherò di evidenziare all’interno delle opere più note la sua coerenza di autore alieno da mode e compromessi editoriali. Il corvo e La busta rossa, ad esempio, sono rappresentativi  di una “letteratura civile” poco incline alla costruzione fantastica e propensa invece all’essenzialità del realismo; in ogni caso Lodi non è scrittore neorealista, è piuttosto autore capace di guardare sempre, al di là degli avvenimenti narrati, ai nodi emozionali del percorso formativo. Non a caso i due libri sono autobiografici e Lodi racconta la sua vita dall’infanzia alla maturità di giovane maestro elementare del secondo dopoguerra e come in ogni implicito “patto autobiografico” il lettore sa che chi racconta omette certi particolari e ne dilata altri e sono proprio questi ultimi a rendere evidenti i nodi importanti e formativi dell’autore: le descrizioni della campagna, le violente assurdità del regime fascista, la guerra e la non violenza, la sconfitta del mondo della campagna davanti all’industrializzazione. 

Illustrazione di Simona Mulazzani per Il cielo che si muove di Mario Lodi (Editoriale Scienza).

Tutto questo, al di là di un racconto senza enfasi (e proprio per questo incisivo), confluirà nell’impegno educativo di Lodi che, non a caso, guarderà sempre all’infanzia come età inquieta della libertà, delle domande e delle scoperte. Sono i temi che Lodi affronterà in due brevi testi narrativi scritti in collaborazione con Aldo Pallotti,  maestro come lui e suo collaboratore per lunghi anni:  L’orologio azzurro e Il bambolo con bambini protagonisti che, vittime dei divieti degli adulti, trovano nella fantasia e nel gioco straordinarie vie di fuga. Due altre prove narrative sono Il mistero del cane, delicata storia di un’avventurosa adozione di un cane da parte di alcuni bambini, e Il cielo che si muove dove ancora una volta colpiscono la dimensione autobiografica (è il nonno Mario che parla), la quiete della natura in campagna contrapposta al caos cittadino, la critica alla TV che impedisce il contatto diretto: “Spegnemmo la TV e andammo fuori a vedere la novità della luna piena alta sui tetti che ricreava il mondo reale e ce lo donava come fiaba”.

Alla fine di questo percorso resta da dire che l’impianto civile della narrativa di Lodi non ha oscurato l’impegno del racconto; forse per il nostro “maestro-poeta” alla nota affermazione di Gramsci “pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà” si potrebbe aggiungere che “ottimismo della volontà” è stato per lui mettere sempre al centro l’infanzia e scoprire ogni giorno che Insieme davvero C’è speranza in un futuro migliore. 

Il numero monografico dedicato a Mario Lodi, a cura di Pino Boero, uscirà a inizio marzo 2022. Hanno inoltre contribuito: Walter Fochesato, Orietta Fatucci, Beatrice Fini, Guido Quarzo, Daniele Novara, Simonetta Maione, Aldo Pallotti, Carla Ida Salviati, Donatella Trotta, Anselmo Roveda, Giorgio Scaramuzzino, Loredana Perissinotto, Barbara Schiaffino, Mara Pace, Claudia Diaspro, Simone Tonucci. La copertina è firmata da Angelo Ruta.

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