L'ARTICOLO DEL MESE

Nei panni degli altri di Martina Russo

12771579_959123740843824_4887854085225834492_oLa lettura come veicolo empatico, come possibilità di incontrare mondi diversi, magari altrimenti irragiungibili, ma soprattutto come possibilità di entrare in contatto con le emozioni.

Mettersi nei panni degli altri. Che a pensarci, è un buffo modo di dire. Chi potrebbe voler scambiare le proprie vesti – ma neanche gli occhiali, o tantomeno il cappello – con quelle di qualcun altro, magari senza la dovuta confidenza? Pare una pedante considerazione, un mero divertissment da interpretazione letterale, ma anche a volerci spostare sul piano metaforico e metafisico non è che si vada molto più lontani.
Ci viene mostrato ogni giorno, notizia dopo notizia: il destino degli altri, pur tragico, straziante o – perché no – anche qualora sia ebbro di felicità, non corrisponde al nostro. Per fortuna nel primo caso, con un pizzico di invidia nel secondo. Perché è impresa assai ardua riuscire a comprendere e condividere i sentimenti altrui.

Bando al letteralismo, se si fa una veloce ricerca online, il nostro (sud)detto apre la strada, sui motori di ricerca, ad una parola di frequente uso e più raramente compreso significato: “empatia”. Sì, perché di questo si tratta: piena comunione emotiva; sia che un sentimento sia compartecipato, sia che, invece, lo si viva di riflesso. Capacità non sempre innata, l’empatia, si sviluppa in parallelo al senso critico e alla capacità di lucido giudizio.
Ma come si può essere capaci di provare un’emozione mai provata, senza averne direttamente fatto esperienza?
Una prima, e per noi assoluta, risposta ce la fornisce l’autore inglese Aidan Chambers, che proprio alla capacità di mettere in collegamento la sfera emotiva di adulti e ragazzi (ai fini dell’educazione alla lettura, ma non solo) afferma, in Siamo quello che leggiamo (Equilibri): “Leggere consente di entrare in contatto empatico con altre esperienze umane senza patirne le conseguenze”. Ecco la nostra risposta.
Leggere. La lettura come veicolo empatico, come possibilità di incontrare mondi diversi, magari altrimenti irragiungibili, ma soprattutto come possibilità di entrare in contatto con le emozioni.

È dalla convinzione, la solida certezza, che da qui si possa partire per costruire percorsi che, oltre a formare nuovi lettori, riescano a trasmettere l’importanza dell’ascolto, dell’immedesimazione, della comprensione, che si sono delineate le formazioni per gli insegnanti promosse dal Cepell – Centro per il libro e la lettura svoltesi negli scorsi mesi ad opera del Coordinamento associazioni per la promozione ed educazione alla lettura. Un lavoro che ha riunito tanti e diversi attori operanti nel campo e si è articolato in una serie di interventi, con tagli differenti, lungo tutta la penisola. Motivo unificante era proprio “Mettersi nei panni degli altri”: un tema, per l’appunto, che lascia ampio spazio e libertà agli approcci, intrecciato insieme, nelle maglie larghe della formazione, ad una bibliografia condivisa per tutte le fasce d’età. Un solido punto di partenza, giusto spunto per riflessioni prive di un giogo prettamente didattico.

Ma dunque esistono libri che insegnano a mettersi nei panni degli altri? La risposta non è una ricetta pronta all’uso, ma di certo è facile scovare titoli nel vasto panorama della letteratura per l’infanzia e per ragazzi che, pur non proponendosi altro obiettivo che raccontare una storia (e non insegnare una via), permettono ai lettori di fare questo salto nella mente – e nel cuore – dei coetanei o, magari, permettono a genitori, insegnanti e adulti tutti, di ripescare sensazioni e suggestioni smarrite nel fisiologico avanzare del tempo.
Partiamo dalle basi. Amicizia, ma anche accettazione dell’altro, tanto tra i piccoli quanto tra i grandi: Piccolo blu e piccolo giallo (Babalibri) di Leo Lionni è anche questo. Pezzetti di carta, di colori diversi, che si incontrano e uniscono, dando vita ad un racconto che è diventato un classico. Semplicità di linee, forme e, non di poco conto, della storia, fanno sì che questo possa essere, per gli insegnanti della prima infanzia, un valido strumento per veicolare quello che in fondo è un messaggio empatico.

Rimaniamo sui classici, perché è da lì che si comincia, e seguiamo Max Nel paese dei mostri selvaggi (Babalibri) di Maurice Sendak. Ci mettiamo nei panni di un bambino arrabbiato, tanto furioso da dire alla mamma “Ti mangio!”. Il castigo diventa così pretesto per un viaggio fantastico, quello verso un’isola remota, popolata da creature mostruose, dove Max riesce a farsi riconoscere come il più selvaggio tra tutti. Ma come è naturale, la rabbia pian piano sbollisce, e tornare a casa è un attimo: la cena, d’altronde, è lì ad attenderlo.
Attraversando i decenni e arrivando al 2012, ad aspettare i più giovani lettori c’è l’albo Nel mondo ci sono (EDT Giralangolo) di Benoit Marchon e Robin. Qui, pagina dopo pagina, con giusta lentezza, si aprono finestre sul mondo, in una rappesentazione della quotidianità così com’è, senza nulla tacere. Così, affianco alle cose belle della vita ci sono le situazioni più dolorose, dalla guerra alla violenza, dalla solitudine alla miseria; senza moralismi, ma con l’invito implicito a far sì che qualcosa cambi.

Poi si cresce, e i panni degli altri iniziano a lasciare le caviglie troppo scoperte. La rabbia totalizzante, la consapevolezza dell’altro e del mondo lasciano spazio alle prime riflessioni sull’identità e sull’individualità. Si iniziano ad affontare le fatiche della scuola, le prime ansie da relazione e rendimento. Il seienne protagonista de L’estate di Garmann (Donzelli) di Stian Hole sta giusto per iniziare la prima elementare e, negli scampoli di vacanza rimasti, fa esperienza del concetto di tempo, alquanto relativo, e della paura, diversa per chiunque la provi. E qui ci si mette nei suoi panni, ma anche in quelli delle zie, alle prese con gli acciacchi e le preoccupazioni su un futuro sempre più corto. Ma anche in quelli delle due gemelle vicine di casa, che apparentemente dividono in due un’unica identità. Le illustrazioni, realizzate mediante la sovrapposizione di fotografie, restituiscono un universo surreale, ma anche un’interpretazione concreta e immediata dei sentimenti.

Sentimenti che si fanno via via più articolati e sfaccettati, com’è giusto che sia. E allora, mettersi nei panni di un preadolescente diventa piuttosto complicato. I libri fanno anche questo, aprono squarci di luce dove sembra esserci solo buio e incomprensione; bisogna volere che si aprano, però. Ci sono valanghe di letture a cui si aggrappano gli adulti smarriti, cercando invano soluzioni all’incomunicabilità, ma tralasciando il dialogo. È quello che succede anche alla protagonista della graphic novel Jane, la volpe & io (Mondadori), che, pur senza rancore o risentimenti, non riesce a raccontare né alla mamma né ad alcuno, il disagio che prova quotidianamente nel confronto con altri. Unica via di fuga sono i libri, quelli di Jane Austen, almeno fino a quando la gita scolastica riserverà, inaspettatamente, un punto di svolta. Emergono le tematiche del bullismo, della sofferenza di fronte alle prese in giro e anche la decisione di subire e non ribellarsi. Ma su tutte emerge il sentimento di inadeguatezza, scoglio dell’età e vero e proprio fil rouge dei romanzi per adolescenti, quelli belli però, che non vogliono farsi manifesto o manuale.
Lo vediamo anche ne Il mistero del London Eye (Uovonero) di Siobhan Dowd o in Wonder (Gunti) di R.J. Palacio: i protagonisti si sentono diversi, lo sono, il primo perché ha la sindrome di Asperger e il secondo perché nato con una malattia che ne ha deturpato i lineamenti. Situazioni di certo non semplici, e facilmente strumentalizzabili. L’autorialità consiste però in questo: nell’essere in grado di raccontare una storia che parli a tanti, che parli a tutti, indifferentemente dalla particolarità del problema raccontato. Le difficoltà di Ted e di Auggie diventano universali, pur nella loro rarità. Questo è mettersi nei panni degli altri.

Ma lo è anche la comprensione delle esigenze del lettore che ci sta davanti e sapergli offrire una storia di cui possa godere appieno. Anche quando a ostacolarla ci sono difficoltà oggettive, di quelle che davanti alle righe di testo inducono solo depressione.
Mettersi nei panni degli altri è capire che un adolescente, seppur con difficoltà di lettura, vuole leggere storie per la sua età, e non quelle destinate ai più piccoli, solo perché sono scritte con un carattere più grande. Non tutti lo capiscono. L’editore Biancoenero sì e, nel 2014, ha dato alle stampe Io no! …O forse sì, che, aldilà della tematica importante – la scoperta della propria omosessualità da parte di un giovane liceale – è il primo romanzo “per grandi” ad essere scritto con criteri ad alta leggibilità. Una scelta per niente scontata.

Insomma, non ci si sta comodi nei panni degli altri, siamo d’accordo. Ci vuole sempre un’accorciatina o un’allungatina alle maniche, lo spostamento di un bottone. Ma fare educazione – alla lettura e non solo – è anche e soprattutto questo. Coinvolgere ed essere coinvolti, perché è così che si costruisce, per i piccoli che diventeranno grandi, un percorso di piena consapevolezza e accettazione. Quella che oggi sembra, ogni giorno di più, venire meno.

Negli ultimi mesi del 2014, a partire da una riflessione avviata a margine dell’invito del Centro per il libro e la lettura (Cepell) a ragionare sulle attività di fomento alla lettura, un gruppo di realtà nazionali impegnate in questo ambito su diversi territori ha dato vita ad una rete poi costituitasi in Coordinamento associazioni per la promozione ed educazione alla lettura.
La rete – ad oggi composta da Andersen rivista e premio, Associazione librerie indipendenti ragazzi, Damatrà cooperativa sociale, Equilibri cooperativa sociale, Fuorilegge associazione culturale, Giannino Stoppani cooperativa culturale, Hamelin associazione culturale, Liberamente progetto di promozione della lettura, Scioglilibro associazione culturale, Tribù dei lettori associazione culturale –  ha come prima azione avviato una serie di formazioni nazionali rivolte agli insegnanti promosse dal Centro per il Libro e la Lettura in occasione di “Libriamoci. Giornate di lettura nelle scuole” (vedi anche il sito www.libriamociascuola.it) – che ha proposto il percorso riconoscendo, in linea con la propria missione, la centralità della lettura per lo sviluppo della persona. Si sono tenuti, a fine 2015, venti moduli d’aggiornamento in diciassette regioni italiane, tutti accomunati da un medesimo tema sintetizzato nel titolo “Nei panni degli altri”. Un progetto sperimentale che ha finora coinvolto oltre millecinquecento insegnanti dal Trentino-Alto Adige alla Sicilia, dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore di secondo grado. Le diverse realtà hanno condiviso l’impianto generale delle formazioni e le bibliografie nazionali dedicate. A brevissimo un nuovo ciclo di formazioni approfondirà e allargherà l’offerta a nuovi contesti, coinvolgendo nuovi nodi organizzativi e territoriali.

da ANDERSEN 330 (marzo 2016) – Il sommario del numero
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Sugli stessi temi: Gabriela Zucchini, La parola ai lettori – ANDERSEN n. 326 – ottobre 2015

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