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Il ritorno della fantascienza di Germana Paraboschi

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[da ANDERSEN 267, febbraio 2010]

Lungamente sommerso dalle storie d’ambientazioni fantasy, il genere ricompare nei libri per ragazzi. Ma non si tratta di space opera, piuttosto di una sf sociale tutta umana, con qualche intendo inquietantemente predittivo, giusto per metterci in guardia da noi stessi.

Il recente dilagare del genere “fantasy” ha in parte occultato la rinascita di un filone che potrebbe essere definito fantascientifico. La fantascienza degli anni ’70 è considerata morta, ma alcuni recenti romanzi per ragazzi si collocano in un settore di fantapolitica o fantascienza sociale che ne è la diretta prosecuzione. Così, come un fiume carsico, la fantascienza, ipotesi sul futuro possibile, ricompare, con caratteristiche che vorrei enucleare, prendendo come riferimento qualche romanzo, più o meno recente. Penso ai volumi per ragazzi Come vivo ora di Meg Rosoff, (Feltrinelli 2005), La Dichiarazione di Gemma Malley (Salani 2008), La battaglia d’inverno (Jean-Claude Mourlevat (Fabbri 2007), Gone di Michael Grant, (Rizzoli 2009), Il grande puf di Daniela Donati (Mondadori 2009), il classico La nuvola verde di Alexander S. Neill (Odoya, in stampa) e Tu sei il mio mondo di Timothée de Fombelle (San Paolo 2010), ma anche a libri per adulti, come La strada di Cormac McCarthy (Einaudi 2007), e a fumetti come V per Vendetta di Alan Moore e David Lloyd (Planeta De Agostini 2008 e Rizzoli 2006). Innanzitutto in questi libri il futuro prefigurato non è fatto di viaggi spaziali o di incontri con nuovi esseri viventi: la nostra Terra è il palcoscenico di un futuro che è molto simile al nostro presente, ed afflitto dagli stessi mali: un terrorismo dilagante, che finisce per mettere sotto assedio intere nazioni (Come vivo ora), oppure totalitarismi nati come risposta a un ormai endemico stato di incertezza. In essi il controllo sociale dei cittadini è pressoché totale, sia tramite l’eliminazione del dissenso, che mediante la persuasione ottenuta con i mass media e l’elargizione di bonus, quali medicine o eventi atti a distrarre l’attenzione (La Dichiarazione e i combattimenti di gladiatori in La battaglia d’inverno).

Tale ipotetico futuro è in realtà un nuovo eterno presente, un tempo statico, che sembra ripetersi per sempre, senza possibilità di evoluzione. Un tempo senza passato, soprattutto nei romanzi in cui una catastrofe ha segnato la cancellazione totale di ciò che è stato, ma anche negli altri, nei quali comunque un singolo evento causa una riscrittura della storia a partire da se stesso, senza rinvii a ciò che è avvenuto in precedenza. Si tratta infine di un futuro nel quale si attua una regressione rispetto all’oggi: la guerra toglie cibo e comodità (Come vivo ora), la scarsità dei beni di consumo e delle fonti energetiche anche in tempi di pace porta a restrizioni nei viaggi e a un’economia di sussistenza (La Dichiarazione), la perdita di tecnologia e un ritorno al primitivismo (Gone, La nuvola verde, Il grande puf, ma anche La strada, nel quale poter accendere un fuoco è tornato ad essere simbolo di forza), oppure la semplice esasperazione dei problemi attuali (Tu sei il mio mondo).

Emerge un rapporto ambivalente con la scienza. Da un lato la perdita improvvisa di tecnologia, in genere in seguito ad una catastrofe, fa comprendere come il progresso sia qualcosa di imprescindibile per la società attuale, e come possa essere utilizzato per scopi più nobili (la mail salvifica, estrema richiesta d’aiuto e presa di coscienza collettiva, indirizzata a tutto il mondo nel romanzo di Timothée de Fombelle), ma anche come l’estrema specializzazione raggiunta dalla tecnica e dalla scienza implichino una loro non facile replicabilità. Dall’altra la ricerca farmaceutica e medica e la manipolazione genetica diventano strumento di potere e di controllo nelle mani di persone senza scrupoli, e contribuiscono a separare la società in due gruppi contrapposti, gli inclusi e gli esclusi. Così ne La Dichiarazione la ricerca farmaceutica approda alla pillola che garantisce l’immortalità, ma essa viene concessa solo con la firma di un contratto con il quale i sedicenni si impegnano a non procreare; nel seguito, non tradotto in Italia, The Resistance la ricerca sulle staminali embrionali garantisce la possibilità di evitare il decadimento senile degli immortali, ma per produrre staminali si ricorre ad un nuovo genere di schiavi. In questo scenario gli adolescenti protagonisti sono generalmente gli esclusi, coloro che vengono in alcuni casi segregati dagli adulti in strutture ad hoc, finalizzate alla loro sottomissione completa, in vista del loro ruolo adulto, di servitori del potere. Ma tra questi adolescenti nasce un elemento di resistenza e di opposizione alle regole: qui risiede l’apertura al futuro, il superamento di un presente inestinguibile e privo di prospettive.

In alcuni romanzi il cambiamento radicale è individuale, dal proprio universo chiuso si passa alle relazioni e con esse alla propria collocazione nel mondo (Come vivo ora). In altri romanzi i giovani reagiscono contro una società massificata, non più in grado di comprendere i limiti del proprio benessere (Tu sei il mio mondo), oppure devono effettivamente ricostruire un tessuto sociale distrutto da una catastrofe (Gone). In altri ancora la resistenza è più dichiaratamente politica: la lotta per la propria libertà, per l’autoaffermazione, diviene infatti scintilla di una lotta più ampia, di uno smascheramento del potere e del controllo sociale che ne garantisce la stabilità.

La resistenza, come ogni battaglia, richiede le sue vittime. A volte si tratta di giovani colpiti nella psiche o negli affetti (Come vivo ora, La dichiarazione), a volte viene pagato un tributo di sangue, con la morte di uno dei protagonisti della lotta (La battaglia d’inverno). Lewis Mumford, ne La storia dell’utopia (Donzelli 2008), sottolinea il ruolo delle diverse utopie nel rafforzare la speranza, la proiezione dell’uomo nel futuro, in mondi migliori possibili. Ma questi libri senza alieni e viaggi nello spazio prefigurano un mondo futuro desolato, sia dal punto di vista umano che politico, nel quale la fiaccola dell’ottimismo è portata da un piccolo gruppo di ragazzi resistenti. Se l’utopia, come abbiamo detto, è la speranza, in queste distopie viene descritta la sofferenza che precede la speranza, un mondo negativo (il nostro) in cui brilla una luce di speranza (i giovani). In conclusione si potrebbe riflettere sul ruolo dello scrittore adulto che descrive tale mondo: emerge una sorta di giudizio assai critico sul mondo odierno, su ciò che ci prepariamo a lasciare ai nostri figli, e le descrizioni della devastazione e/o di un eterno presente privo di prospettive sul futuro sono davvero emotivamente toccanti. Quasi che la nostra speranza sia ormai morta e noi considerassimo i ragazzi, come fa il protagonista di La strada di Cormac McCarthy, degli angeli, o degli inviati da Dio per salvare questo mondo che la nostra impotenza sta facendo morire. Oppure queste distopie sono il sintomo che non ci siamo arresi, che, negando l’esistenza di mondi altri in cui essere felici, vogliamo richiamare l’attenzione dei giovani lettori (e la nostra) sulla necessità di impegnarsi nel presente?

Oltra a numerose segnalazioni e recensioni di libri che trattano il genere distopico e della fantascienza, sugli stessi temi sono usciti su Andersen:

Strani futuri di Stefano Trucco – Andersen 276, dicembre 2010

Un mondo senza adulti di Anna Patrucco Becchi – Andersen 265, dicembre 2009

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