dall'Archivio

Le grintose del Nord Un panorama delle bambine scandinave in letteratura

Pubblichiamo dal nostro archivio (Andersen n. 424, luglio-agosto 2025), in occasione di Educare alla lettura 2026, progetto promosso dal Salone del Libro con Cepell – Centro per il libro e la lettura e la direzione scientifica di Simone Giusti e Giusi Marchetta, l’articolo della traduttrice Laura Cangemi dedicato alle bambine della letteratura scandinava: un percorso focalizzato sull’orientamento e l’educazione civica per insegnanti di ogni ordine e grado, interessati ad approfondire conoscenze e competenze nell’ambito della letteratura per ragazzi e nella formazione dei ragazzi al piacere della lettura. La riflessione sull’infanzia che emerge da questo articolo diventa materiale di approfondimento per i corsisti di questo percorso formativo al quale contribuisce anche la nostra rivista con consigli di lettura e idee da esplorare.  Per sostenere il lavoro della nostra rivista e per leggere insieme a noi tutto l’anno, visita il bookshop e sottoscrivi un abbonamento!

In svedese esiste un aggettivo dall’etimologia incerta, ma sicuramente in uso già alla fine del Settecento, che rende molto bene l’idea di un carattere intraprendente, battagliero e impavido: kavat. Non a caso Astrid Lindgren lo sceglie come soprannome per l’orfanella Kajsa che, al momento del bisogno, tira fuori tutta la determinazione dei suoi “sei-quasi-sette-anni” e salva il Natale per sé e per la nonna. Kajsa Kavat – in italiano diventata Greta Grintosa – non è, come ben sappiamo, la prima bambina forte e intrepida uscita dalla penna di Astrid Lindgren. Il primato spetta, sia temporalmente che per importanza, a Pippi Calzelunghe, che nel cosiddetto “Ur-Pippi” (“proto-Pippi”), il manoscritto rifiutato dalla casa editrice Bonniers nel 1944, era una bambina ancora più scavezzacollo e anarchica di quella del libro rimaneggiato dall’autrice e uscito vincitore un anno dopo dal concorso indetto dalla Rabén & Sjögren, nel quale Astrid aveva un po’ smussato l’impertinenza della protagonista per renderla meno “indigesta”. Com’è noto, la seconda versione viene pubblicata e provoca una vera e propria rivoluzione: con la sua forza sovrumana, la sua inventiva e la sua capacità di farsi beffe delle regole e delle autorità, Pippi segna una svolta nella produzione scandinava per l’infanzia, anche se in realtà quasi vent’anni prima era già comparsa sulla scena letteraria nordica un’altra bambina sveglia e indipendente, diversa da tutte le protagoniste femminili che avevano popolato fino ad allora i libri destinati al pubblico delle giovani lettrici: si tratta di Bibi, il personaggio creato da Karin Michaëlis intorno a cui ruotano ben sette libri pubblicati in Danimarca tra il 1929 e il 1939. Figlia di un ferroviere e orfana di madre, la protagonista parte per numerosi viaggi, in patria e all’estero, e racconta al padre le proprie avventure nelle lettere che gli spedisce regolarmente. Così ne parla Bianca Pitzorno in Donna con libro (Salani 2022): “Il personaggio di Bibi è stato un modello per almeno due generazioni di bambine e poi donne italiane: quelle nate nei primi anni Trenta e noi figlie della seconda guerra mondiale. […] Fu Bibi, non Pippi Calzelunghe, la prima bambina letteraria ‘femminista’, anche se non esisteva ancora la parola.”

Se Bibi può essere considerata una sorta di antenata di Pippi (curiosa, tra l’altro, l’assonanza che lega i due nomi), potrebbero invece essere definite sue “sorelle” alcune protagoniste di altri libri di Astrid Lindgren che, in modi diversi, esprimono inventiva, coraggio e intraprendenza. Penso per esempio alla piccola Lotta Combinaguai e alle sue trovate per farsi valere nei confronti dei fratelli maggiori e del mondo, a Madicken (in italiano presentata come Martina) che come Pippi inventa bugie fantasiose ma sa anche camminare sui tetti e si batte contro le ingiustizie, e soprattutto a Ronja, la figlia del brigante che per affermare la propria personalità rompe con il padre e affronta le dure prove a cui la sottopone una natura popolata da creature non sempre benevole, cavandosela anche meglio del coetaneo Birk. E come non pensare a Eva-Lotta, l’amica di Kalle Blomkvist a cui l’agente Björk dice pensieroso: “Eva-Lotta, a volte ho la sensazione che dovresti cercare di essere un po’ più femminile”? Inutile dire che l’invito non verrà raccolto e che Eva-Lotta continuerà a scatenarsi nella guerra delle due rose con i compagni d’arme Kalle e Anders. La “rivolta giocosa” di Pippi (così la definisce Mia Österlund in un saggio del 2002) lascia il segno, e in un certo senso nessuno degli autori e delle autrici che negli anni successivi si affacciano sulla scena letteraria nordica, ma soprattutto svedese, può prescindere dalla rivoluzione copernicana messa in atto da Astrid Lindgren. Nel 1963 Maria Gripe scrive Pappa Pellerins dotter (La figlia di papà Pellerin, inedito in Italia), la cui protagonista Loella deve cavarsela da sola, occupandosi anche dei due fratellini, e battersi per sopravvivere in un mondo ostile ricorrendo a tutte le sue risorse. Pochi anni dopo esce il primo dei tredici libri di Katarina Taikon sulla piccola Katitzi, indisciplinata e combattiva, costretta com’è a vivere ai margini di una società che preclude addirittura ai bambini rom l’accesso all’istruzione. Sono decenni di denuncia sociale e di emancipazione femminile, anche in campo lavorativo.

La netta divisione tra libri per bambini e libri per bambine è ormai superata da tempo e l’avventura non è più di competenza esclusiva dei protagonisti maschi; anche il desiderio dei personaggi femminili di affermarsi a livello professionale emerge sempre più chiaramente. D’altra parte le madri che popolano i libri per ragazzi sono ormai solo di rado casalinghe e i ruoli all’interno della famiglia sono cambiati tanto nella letteratura quanto nella vita reale. Forse anche per questo negli ultimi decenni del Novecento c’è meno “bisogno”, per così dire, di bambine ribelli nella narrativa per l’infanzia. Negli anni Ottanta Lena Anderson crea i personaggi di Stina e Maja (al centro di alcuni libri recentemente usciti anche in Italia), due bambine curiose, vivaci e intraprendenti ma non particolarmente rivoluzionarie. Più interessante, anche perché di un’altra età, è Simone, la protagonista del libro che ha reso noto al grande pubblico Ulf Stark, in Italia pubblicato con il titolo Il paradiso dei matti. Scambiata per un maschio al primo giorno in una nuova scuola, Simone deve conquistarsi un ruolo all’interno della classe, e la decisione di non rivelare che in realtà è una femmina avrà una serie di conseguenze rocambolesche. Con l’umorismo e l’ironia che lo contraddistinguono, Ulf Stark riesce a raccontare in maniera magistrale le contraddizioni adolescenziali nella ricerca di una propria identità. Nei primi anni Duemila compaiono sulla scena altre bambine su cui vorrei soffermarmi. La prima è Gittan (in italiano Chicca), creata da Pija Lindenbaum. In Chicca e i lupigrigi la piccola protagonista è inizialmente paurosa e timidissima, ma nell’incontro con i lupi nel bosco si trasforma diventando una vera e propria leader (fantastica l’immagine in cui ordina al branco di andare a fare la pipì perché è ora di andare a letto). La seconda è Zackarina, protagonista della trilogia di Åsa Lind su Lupo Sabbioso (di nuovo un lupo, ma di tutt’altro genere). Spesso sola e annoiata perché, pur lavorando in casa, il padre raramente ha tempo da dedicarle, Zackarina trova nel saggio lupo senza età scaturito dalla spiaggia sabbiosa un amico capace di assecondare le sue buffe trovate e di lasciarle sfogare rabbia e frustrazione facendo ricorso alla fantasia. Il senso di isolamento è un problema anche per un’altra bambina poco più grande, che nel primo libro in cui ci viene presentata sta per cominciare la scuola elementare: parlo di Hedvig, il personaggio creato da Frida Nilsson che spesso si mette nei pasticci raccontando bugie che le sfuggono di mano e che, quando si arrabbia, non esita a punire i grandi che le stanno intorno inventandosene di tutti i colori.

Forse è proprio la rabbia a caratterizzare le bambine più interessanti del panorama letterario svedese per l’infanzia di questi ultimi anni. Penso per esempio – passando a una fascia di età diversa – alla Lea di Tanto amore non può morire di Moni Nilsson e alla Sasha di Miss Comedy Queen di Jenny Jägerfeld, accomunate dal dolore per la perdita delle rispettive madri e dall’immensa rabbia che la grande ingiustizia subita scatena in loro, ma che permette a entrambe di trovare la forza di reagire. Per ultima vorrei citare una bambina a cui sono particolarmente affezionata, uscita come Sasha dalla vulcanica mente di Jenny Jägerfeld e per me assolutamente imbattibile: parlo di Majken, una delle due sorelle di Sigge nella trilogia inaugurata da La mia vita dorata da re. Chiassosa, dislessica, irriverente e consapevole di quello che vuole, Majken non ha paura di nulla e occupa lo spazio che le serve (e infatti per questo è molto invidiata dal fratello maggiore, che ha tutt’altro carattere). Credo di non essermi mai imbattuta, nelle mie tante letture, in un personaggio secondario così riuscito e divertente. Se mai avrà un libro tutto suo, ne vedremo delle belle! 

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