L'ARTICOLO DEL MESE

Le scuole all’aperto di Pompeo Vagliani

Pro Ginnasio Ricreativo Genero e scuola all’aperto per fanciulli deboli, Torino. Cartolina propagandistica illustrata da Attilio Mussino.

 

Nate nel primo Novecento, le scuole all’aperto sono le antesignane dell’“outdoor education”. Oggi costituiscono un’esperienza di rinnovamento in risposta alle sfide che la scuola deve affrontare dopo l’emergenza coronavirus. Ce ne parla Pompeo Vagliani (presidente della Fondazione Tancredi di Barolo – MUSLI, Museo della Scuola e del Libro d’Infanzia, Premio Andersen come Protagonista della Cultura per l’Infanzia 2020) nell’articolo del mese, pubblicato su Andersen n. 374, luglio-agosto 2020, monografico dedicato agli spazi dell’infanzia, dentro e fuori casa. Sostieni Andersen: abbonati ora!

Agli inizi del XX secolo, le scuole all’aperto costituiscono un’esperienza di rinnovamento sanitario, pedagogico e architettonico che va di pari passo con la lotta alle malattie infettive, soprattutto la tubercolosi, e alle loro cause: indigenza, malnutrizione, carenza d’igiene, abitazioni e sedi scolastiche malsane e sovraffollate. Nascono nei paesi del Nord, in Italia si sviluppano principalmente a Padova, Roma, Milano e Bologna tra gli anni ’10 e gli anni ’40, dove si configurano come scuole a tempo pieno con ordinamento speciale oppure come inserimento nel normale curriculum di attività all’aperto, quali giardinaggio, orto scolastico, escursioni e osservazioni della natura. I due filoni si incrociano con la campagna anti TBC e il tema dell’educazione alla salute, che trovano i loro strumenti didattici e di comunicazione in tabelloni scolastici, guide sanitarie e quaderni. Ma nonostante i buoni risultati l’esperienza, rimasta nell’ambito delle scuole speciali, subisce un progressivo declino fino a scomparire quasi del tutto negli anni ’70.

scuole all'aperto

Colonia Elioterapica 3 Gennaio, Villa Gualino, Torino. Si prepara un plastico geografico sul terreno.

L’emergenza “Covid 19” riaccende oggi i riflettori sulla necessità di recuperare un contatto quotidiano dei bambini con la natura. È forse giunta la stagione di rinascita di scuole all’aperto: un percorso intrapreso negli ultimi dieci anni da realtà come le scuole e asili nel bosco, gli agrinidi, le green school, e la recente Rete Nazionale delle scuole pubbliche all’aperto.

Tabellone didattico “Prevenire la tubercolosi!” realizzato per la 16a campagna nazionale antitubercolare, Federazione Italiana Nazionale contro la tubercolosi, Società Poligrafica Commerciale, Roma, 1953.

Le esperienze nel contesto torinese tra Otto e Novecento

A Torino, la storia delle scuole all’aperto si intreccia con la storia dell’assistenza a bambini gracili e poveri e della prevenzione antitubercolare, tra iniziative pubbliche e private. Il Municipio istituisce nel 1881 le “scuole estive” finalizzate a custodire allievi bisognosi durante il periodo delle vacanze e fonda le colonie alpine e marine “Regina Margherita” (1892).

Colonia bimbi profughi. Ginnasio Ricreativo Genero, Torino, 1918.

Ma le prime lezioni all’aperto di scuole “normali” risalgono a inizio Novecento, quando i bambini della Tommaseo, con il banco-zaino in spalla, vanno a studiare nei giardini Cavour, quelli della Roberto D’Azeglio (1914) e della Gaspare Gozzi fanno lezione in campagna o coltivano il giardino scolastico. A favorirle è Antonio Ambrosini, Direttore delle Scuole Elementari dal 1897 al 1925, che promuove tra l’altro la trasformazione in scuola all’aperto del Ginnasio ricreativo di Villa Genero, già usato per ospitare scolari poveri durante l’estate e profughi durante la grande guerra.

La lezione nel bosco. Fotografia originale, anni ’30.

Tra le iniziative private spicca l’esperienza di Paola Lombroso Carrara, la zia Mariù del Corriere dei Piccoli, dall’“Assistenza bambini” in tempo di guerra presso la Villa Perroncito di Cavoretto (1915), al “Ricovero dei figli sani di genitori tubercolotici” presso la Casa del Sole (1919), tuttora attiva. Non si trattava di vere e proprie scuole ma di istituzioni con attività ludico-educative all’aria aperta, sostenute in gran parte dalla vendita delle cartoline illustrate.

Fotografia raffigurante la Casa del Sole di Torino, tratta dal volume di Pietro Abate-Daga, Alle porte di Torino. Studio storico-critico dello sviluppo, della vita e dei bisogni delle regioni periferiche della città., Torino, Italia Industriale Artistica Editrice, 1926.

 

Gli anni ‘20 vedono un rigoglioso sviluppo delle colonie comunali marine, a frequenza prevalentemente invernale, da quella di Finalpia (1924) a quella di Loano (1927/28) che nel 1929/30 diventa Scuola annuale all’aperto. Anche nei dintorni di Torino, a Lucento e a Mongreno, sempre a scopo profilattico vengono aperte nel 1927 altre due colonie permanenti, parificate nel 1933, in cui si svolgono interamente i programmi ministeriali.

Colonia Vittorio Emanuele III ed Elena di Savoia, Loano.

La preoccupazione del Regime per la vigoria fisica del popolo si concretizza nella riconversione di Villa Gualino nella Scuola-Colonia Elioterapica 3 Gennaio (1936).

Colonia Elioterapica 3 Gennaio, Villa Gualino, Torino. Si prepara un plastico geografico sul terreno.

 

Questo articolo è pubblicato su Andersen n. 374, luglio-agosto 2020, monografico dedicato agli spazi dell’infanzia, dentro e fuori casa. Sostieni la rivista Andersen: sottoscrivi o rinnova un abbonamento.

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