L’articolo di Samanta K. Milton Knowles, dedicato al personaggio di Pippi Calzelunghe, è stato pubblicato su Andersen n.424, monografico estivo a cura di Anselmo Roveda e Samanta K. Milton Knowles dedicato al personaggio più amato di Astrid Lindgren e a tante altre bambine grintose che popolano la letteratura per l’infanzia. Abbonati ora e sostieni la rivista Andersen!
C’era una volta, nel lontano 1941, una bambina di nome Karin. Aveva sette anni ed era costretta a letto, malata di polmonite. Com’è ovvio che sia, si annoiava tremendamente e dato che a quei tempi non c’era granché per intrattenersi chiedeva in continuazione a sua madre di leggerle o raccontarle storie. Passavano i giorni e la madre, che si chiamava Astrid, era sempre più stanca, tant’è che una sera esclamò: “Ma cos’altro ti devo raccontare?!”. Karin, senza battere ciglio, replicò: “Raccontami di Pippi Calzelunghe!”. Il nome se l’era inventato sul momento.
Nacque così la primissima versione, del tutto orale, della bambina più forte del mondo. E “dato che il nome era bizzarro, anche la bambina divenne bizzarra”, come ha spiegato la stessa Astrid Lindgren. Per tre anni Astrid continuò a raccontare le avventure di Pippi alla figlia, ma anche ai suoi cuginetti e amici, e visto quanto piaceva a tutti i bambini che aveva intorno pensò che forse potesse piacere anche ad altri. Fu solo nel 1944, però, che Pippi si trasferì su carta. A marzo di quell’anno, infatti, Astrid Lindgren scivolò su un punto ghiacciato di Vasaparken mentre tornava verso il suo appartamento in Dalagatan, a Stoccolma, e rimase allettata con una caviglia slogata. Per passare il tempo decise di stenografare e poi scrivere a macchina le storie di Pippi, destinate a diventare un regalo per il decimo compleanno di Karin, il 21 maggio. L’originale, pubblicato solo nel 2007 con il titolo Ur-Pippi (Proto-Pippi), era decorato da un’illustrazione di Astrid stessa e contenuto in un’elegante scatola.

Ur-Pippi, il primo manoscritto di Pippi Calzelunghe che Astrid Lindgren donò alla figlia Karin per il suo decimo compleanno (© Jacob Forsell)
Un paio di settimane prima, Astrid aveva anche spedito una copia del manoscritto alla casa editrice Bonniers, accompagnata da una lettera in cui descriveva Pippi come “una piccola Übermensch con le sembianze di una bambina, trasferita in un ambiente del tutto normale. Grazie alla sua forza fisica sovrannaturale e ad altre circostanze è completamente indipendente da tutti gli adulti e vive la propria vita come più le aggrada”. Citando Bertrand Russell, sottolineava anche come i bambini desiderino il potere e concludeva poi dicendo “posso solo sperare che non mi segnalerete ai servizi sociali”. La Bonniers, sollecitata ad agosto da Astrid, rispose il 20 settembre rifiutando il manoscritto. Decisione di cui l’editore si sarà amaramente pentito. Nel frattempo, però, Le confidenze di Britt-Mari aveva vinto il secondo premio di un concorso della Rabén & Sjögren, e Astrid decise di rivedere radicalmente Pippi Calzelunghe e spedirlo l’anno successivo a un altro concorso della stessa casa editrice. Vinse il primo premio, e il resto è storia.
“Dal primo istante Pippi Calzelunghe arriva rombando come un temporale filosofico nella piccola idilliaca cittadina e mette tutto sottosopra. È una cercacose e una pensatrice, e reinterpreta il mondo e lo cambia allo stesso tempo”, come sintetizzano magistralmente i filosofi norvegesi Jørgen Gaare e Øystein Sjaastad nel loro Pippi e Socrate. La ricezione del romanzo all’inizio fu solo positiva, e l’anticonvenzionalità di Pippi fu descritta come “liberatoria”. Nel 1946, però, il professore di pedagogia e psicologia John Landquist scrisse un articolo sull’Aftonbladet in cui stroncava il libro sostenendo, tra le altre cose, che “la memoria di quella innaturale bambina e delle sue sgradevoli avventure nel libro di Lindgren, sempre che venga ricordata, non potrà che essere una sensazione di qualcosa di fastidioso che graffia l’anima”. La critica di Landquist diede il via a un fiume di accuse, come se fino a quel momento molte persone si fossero trattenute, e di lì a poco partì una vera e propria “faida su Pippi”. Le critiche principali riguardavano la sua “dannosità” per i piccoli lettori e, come ricorda Annina Rabe nel suo articolo “Ogni faida su Pippi rispecchia il suo tempo”, negli anni la bambina dalle trecce rosse “è stata dipinta come un ideale poco sano per i bambini, un’istigazione alla criminalità, capitalista, razzista, colonialista, anarchica, oppressora della classe operaia, bulla, sì, non c’è fine alle caratteristiche negative che le voci critiche le hanno voluto appiccicare addosso”.
Due sono le domande che sorgono spontanee. In primo luogo: perché Pippi faceva così tanta paura agli adulti? E poi, come si interroga Roland Paulsen nel suo «Memorie di un’educatrice anarchica»: “Cosa, della figura di Pippi, incanta i bambini?”
Forse la risposta in fondo è la stessa. Subito dopo l’uscita, lo scrittore Lennart Hellsing scrisse sull’Aftontidningen che “con la sua Pippi Calzelunghe Astrid Lindgren ha fatto un buco nel muro di moralismo, sentimentalismo e sdolcinatezza che per decenni ha circondato la letteratura infantile svedese”. Per usare le parole di Vivi Edström, “Pippi incarna il sogno del sommo e completo compagno di giochi, rappresenta l’avventura nel mondo dei bambini, […] simboleggia in primo luogo una forza elementare che si sviluppa al di là del bene e del male”. Tuttavia, dice ancora Edström, “l’opposizione tra Pippi e l’ambiente circostante riguarda piuttosto il contrasto tra la bambina selvaggia e la civiltà che quello della teppista contro la società e la famiglia”. Per dirlo ancora con le parole di Paulsen, Pippi mostra ai bambini (e anche agli adulti) “cosa succede se una bambina supera gli adulti in quanto a forza fisica e ricchezza economica” e “svela la disuguaglianza di potere tra bambini e adulti che altrimenti diamo per scontata”.

Una foto del 1962 di Astrid Lindgren con alcuni dei suoi libri (© Astrid Lindgren AB)
Qualunque fossero le critiche che le venivano mosse, è plausibilissimo che, come sottolineano Gaare e Sjaastad, “i più irremovibili maschi patriarcali col tempo [cominciassero] a vedere la pubblicazione di Pippi Calzelunghe come una minaccia contro l’umanità peggiore della seconda guerra mondiale appena conclusa”. Dopotutto, come dice Margareta Strömstedt descrivendone l’importanza, “Pippi Calzelunghe era proprio la figura simbolica che le bambine di tutto il mondo stavano aspettando”. “Certamente è una sovvertitrice della vita convenzionale e del comportamento opportuno, per mezzo della quale Lindgren attacca le regole meschine e la tirannia che troppo spesso gli adulti utilizzano per limitare la gioia dei bambini nella vita”, come riflette Carole Scott. In fondo “era, come tutti sanno, la prima bambina veramente liberata della letteratura mondiale”, come dice Ulla Lundqvist. È per questo che faceva e fa ancora paura a quegli adulti che vogliono contenere, controllare e comandare la vitalità dei bambini. Astrid, invece, era “sempre dalla parte dei bambini”, come ribadisce Lundqvist, “e Dio benedica i bambini del mondo che diventeranno più ricchi e più felici se contribuiamo al loro mondo dando loro cosa dava Astrid Lindgren: amore, rispetto, e meraviglioso materiale da leggere!”
Di quest’importanza fondamentale per le bambine (e i bambini) di tutto il mondo era ben consapevole anche Donatella Ziliotto, quando nel 1958 decise di pubblicare Pippi Calzelunghe nella collana “Il Martin Pescatore” di Vallecchi. Come scrisse lei stessa in «Generazione Bibi, generazione Pippi»: “così anche le bambine italiane seppero che potevano sognare di diventare forti e indipendenti ed aspirare, da grandi, a sollevare per aria e scaraventare lontano tutto ciò che usava loro delle prepotenze, così come fa Pippi con i ladri”.
Forse ciò che ci attira di più di Pippi è il suo rifiuto di sottomettersi all’autorità, adulta e non, senza però mai dimenticare la propria umanità, perché “chi è molto forte dev’essere anche molto buono”. La sua incredibile forza fisica e mentale, il suo modo di agire e la sua nonchalance nei confronti delle cose che turbano le nostre esistenze sono veramente liberati e liberatori. E sebbene la proposta fatta a Tommy e Annika di mangiare insieme a lei le pillole Cunegunde possa essere interpretata come espressione del desiderio di avere compagnia nella propria immortalità, non teme la morte, né i bulli di qualunque tipo. I libri su Pippi, per usare ancora una riflessione di Scott, “offrono visioni del senso di Lindgren del lato oscuro dell’esistenza umana e del coraggio necessario per vivere una vita significativa in un mondo di paura, perdita e meschinità umana, anche se comporta camminare da soli”. Eh, sì, “la bambina più forte del mondo è anche la più sola del mondo”, come ricorda Alexandra Pascalidou. “Questo è il rovescio della libertà. Come tutti i veri eroi, Pippi è entrambe le cose. È coraggiosa perché ha paura. È forte perché è debole. Se la cava da sola perché non ha nessuna mano da stringere quando cala il buio. Si rialza perché non ha nessuno che la prende quando cade”.
Un contributo fondamentale all’ingresso a gamba tesa nell’immaginario collettivo mondiale lo hanno ovviamente dato le innumerevoli rappresentazioni visive della bambina più forte del mondo. La prima e senza dubbio più diffusa è quella di Ingrid Vang Nyman, artista danese dietro alle illustrazioni delle prime edizioni svedesi e di molte altre. “L’espressione individuale e spiritosa di Vang Nyman, insieme al suo straordinario ritratto spaziale”, ci dice Elina Druker, “è altamente innovativa, imparentata semmai alla pittura modernista, e […] la piazza tra i pionieri dell’illustrazione nella letteratura nordica per ragazzi”. Del fondamentale apporto di Vang Nyman al successo di Pippi era ben consapevole la stessa Astrid Lindgren, la quale ha dichiarato che “ogni scrittore che ha la fortuna di vedere assegnato al proprio libro un illustratore congeniale, ha un eterno debito di gratitudine nei suoi confronti”.

L’illustrazione “Pippi a Villa Villacolle” di Ingrid Vang Nyman
A disegnare Pippi, poi, sono stati moltissimi: tante traduzioni del libro sono state corredate di illustrazioni diverse e negli ultimi anni sono usciti anche in Svezia albi curati da altri artisti, uno su tutti Fabian Göranson, che ha saputo donare una ventata di freschezza al personaggio senza tradirne lo spirito. E come dimenticare il volto, il sorriso e la voce di Inger Nilsson, interprete di Pippi nei film e nella serie TV?
Potremmo scrivere un’intera rivista, ma anche di più, sulle molteplici rappresentazioni di Pippi nella cultura di tutto il mondo, sulle innumerevoli eroine della letteratura e del cinema ispirate a lei – come per esempio Lisbeth Salander della saga Millennium di Stieg Larsson (in cui troviamo anche Mikael “Kalle” Blomkvist) – sui vestiti, i giocattoli, i parchi tematici, i tatuaggi, i murales, i gelati, gli spaghetti tagliati, le statuette di ceramica, le monete e tutta quell’infinità di creazioni che ruotano intorno al suo personaggio. Potremmo citare i raduni che cercano di battere i record mondiali per numero di persone vestite da Pippi nello stesso luogo, la campagna “Pippi of Today” di Save the Children, i numerosi festeggiamenti per i suoi ottant’anni e l’invito a essere più Pippi – “Be more Pippi” – promosso dalla Astrid Lindgren Company. Potremmo anche parlare di quelle rappresentazioni che non hanno visto la luce, come “il film che rimase un sogno”, il progetto Pippi di Hayao Miyazaki. Ma forse non serve.
Il successo di Pippi Calzelunghe e la sua incredibile capacità di parlare a lettori bambini e adulti sono innegabili, non necessitano di prove. Dopo ottant’anni dalla prima pubblicazione è ancora uno dei libri per ragazzi più letti in tutto il mondo, tradotto in ottanta lingue – l’ultima in ordine cronologico il pidgin nigeriano – ed è al terzo posto della classifica dei “100 migliori libri per bambini” della BBC Culture. Credo che uno dei motivi fondamentali sia perché è ancora un romanzo futurista. Ci sono classici che leggiamo perché ci riportino indietro nel tempo e ci facciano riassaporare epoche andate, e ci sono classici che continuiamo a leggere perché, per quanto ci sforziamo e per quanto l’essere umano si evolva, non riusciamo mai a raggiungerli, ci mostrano ancora la via, ci insegnano che abbiamo ancora molto da imparare, che il modo di rendere il mondo un posto migliore è lì, tra le nostre mani, in quelle parole stampate su carta. Non c’è alcun dubbio su quale sia la categoria in cui si inserisce Pippi Calzelunghe. E allora a noi comuni mortali, che cresciamo, invecchiamo, facciamo fatica a scrollarci di dosso le sovrastrutture che la società ci impone, non siamo in grado né di sollevare un cavallo né di lanciare sugli alberi i bulli del mondo, non resta che continuare a leggerla, perché non smetteremo mai di aver bisogno di avere al nostro fianco una migliore amica come Pippi.
Per acquistare il numero di questo mese o abbonarvi alla rivista per tutto l’anno, visitate il nostro bookshop
Per i nuovi abbonati e per gli insegnanti che utilizzano la Carta del Docente c’è un’offerta speciale!