Premio Andersen 2024: miglior libro oltre i 12 anni la quarantatreesima edizione

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Grande, bro! di Jenny Jägerfeld – trad. di Laura Cangemi, Iperborea

Per la lucida puntualità nel raccontare un’adolescenza alla ricerca di un posto nel mondo. Per la schiettezza del linguaggio e la capacità di porre domande senza fornire risposte precostituite. Per la delicatezza e l’essenzialità con cui l’autrice parla di identità, del non sentirsi a proprio agio nel proprio corpo, della necessità di viverlo, libero da imposizioni.

La recensione di Caterina Ramonda su Andersen n. 411 (aprile 2024):
In attesa della pubblicazione del romanzo finale della trilogia dedicata a Sigge e alla sua adolescenza (Dopo La mia vita dorata da re e La mia morte gloriosa col botto), Iperborea offre ai lettori italiani un altro romanzo che conferma la bravura di Jenny Jägerfeld nel mettere sulla pagina ragazzi credibili, colti nelle loro sfumature, e che sottolinea come si possa scrivere un romanzo essenziale, in uno stile asciutto che non sbrodola e non si perde in aggiunte inutili. Sarebbe facile classificarlo come una narrazione intorno al tema dell’identità, del bisogno di dirsi e del coraggio di essersi se stessi, come dell’amicizia; sarebbe importante invece riuscire a vedere come questo libro sia l’esempio di una storia di qualità che parla (anche) di tutto questo semplicemente perché racconta la vita di Måns.
Måns sa di essere un maschio nonostante il passaporto lo riconosca come femmina e sa bene come può essere difficile per gli altri accettarlo: conosce le reazioni contrapposte dei suoi genitori e la pervicacia con cui la nonna si ostina a negare l’evidenza. Un’estate intera in un’altra città, a causa del lavoro della madre, può essere allora l’opportunità di presentarsi semplicemente come si sente di essere. Che stupore trovare un amico (una grande amicizia cominciata come sempre con uno scontro) che lo chiama “bro”: tre lettere che lo autorizzano a sentirsi libero, nonostante non sia poi così semplice. Il protagonista parla in prima persona e il gergo adolescenziale suona vero, non scimmiotta e non mortifica; c’è lo sguardo dei ragazzi sui loro adulti, senza sconti; c’è la capacità di un’ironia folle, che salva, che permette di ridere anche quando ci sarebbe da piangere. Altro punto da sottolineare: verso la fine, Måns scrive all’amico una lettera per spiegarsi. Sono poche righe che da sole valgono migliaia di discorsi sulle tematiche di genere: anche per questo, è un romanzo imprescindibile, da consigliare ancora e ancora.
 

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