L'ARTICOLO DEL MESE

Cinquant’anni di Grammatica della fantasia

L’articolo del mese, pubblicato su Andersen n.406 e firmato da Walter Fochesato, celebra i cinquant’anni dalla pubblicazione de La grammatica della fantasia di Gianni Rodari. Sostieni la rivista e abbonati ora!

Nelle due pagine di Antefatto della Grammatica Gianni Rodari ritorna all’inverno del 1937-38 allorché, giovanissimo, venne assunto per insegnare l’italiano ai bambini di una famiglia di ebrei tedeschi che credevano di aver trovato nel nostro paese un porto sicuro dalle persecuzioni naziste. Un’illusione che durò, come sappiamo, per ben poco tempo. Gianni viveva in una fattoria sulle colline vicino al lago Maggiore. Quella Cascina Piana che ritornerà poi in uno dei racconti più belli e intensi dedicati alla lotta di Liberazione, compreso nella raccolta delle Favole al telefono. Una storia limpida e commovente sospesa fra cronaca, impegno civile e trasfigurazione fiabesca. In quei mesi scrive Rodari:

“Imparai un po’ di tedesco e mi buttai sui libri di quella lingua con la passione, il disordine e la voluttà che fruttano a chi studia cento volte più che cento anni di scuola. Un giorno nei Frammenti di Novalis (1772-1801), trovai quello che dice: “Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare” [… ] Pochi mesi dopo, avendo incontrato i surrealisti francesi, credetti di aver trovato nel loro modo di lavorare la “Fantastica” di cui andava in cerca Novalis”.

Basterà questa citazione per comprendere come la Grammatica (non a caso il sottotitolo è “Introduzione all’arte di inventare storie”)  sia il libro di una vita, la conclusione di un processo di affinamento e ricerca lungo più di  trent’anni e del quale troviamo molteplici tracce. Inizialmente pensa a un volume di carattere teorico, e lo propone a Einaudi. Comprende però che la strada deve essere diversa e rivolgersi, in primis, al mondo della scuola che in quegli anni conosceva un fervido periodo di rinnovamento. Oggi per la gran parte tradito. Così nel marzo del 1972 a Reggio Emilia tiene una settimana d’incontri con le insegnanti per discutere, verificare e sperimentare “la funzione dell’immaginazione” le tecniche che entreranno a far parte del libro. Né è casuale la scelta di Reggio dato che lì, fin dal 1963, era nata la prima scuola per l’infanzia comunale intitolata a Robinson Crusoe. Mentre otto anni più tardi sarà la volta del primo nido d’infanzia, dedicato alla madre dei sette fratelli Cervi.

LEGGI ANCHE: Partendo dalle pagine della Grammatica della fantasia, nasce una nuova edizione per Ambarabà Ricicloclò

Al centro di questo impegno vi è la grande personalità di un pedagogista e organizzatore culturale come Loris Malaguzzi, coetaneo di Rodari. E  allora val la pena di sottolineare come il libro abbia una dedica che, a prima vista, può apparire “Alla città di Reggio Emilia” a sottolineare insieme riconoscenza, riconoscimento di un ruolo e valore collettivo della Grammatica. Un’opera lucida e allegra, intrigante e a tutti accessibile; uno strumento di lavoro e valga quanto scrive con nettezza lo stesso Rodari:

“Io considero mio committente il movimento operaio e democratico più che il mio editore”.

Non quindi un manuale o peggio ancora un ricettario, come se si trattasse di insegnare a preparare lo stoccafisso accomodato o la torta di riso (quella che a Genova sovente “è finita!”). Bensì una serie di proposte che possano accompagnare il bambino nel suo processo creativo, con al fondo l’idea che la Fantasia sia un mezzo possente per indagare e conoscere la realtà. In ultima istanza per trasformarla. Un libro da leggere e da approfondire e che, a cinquant’anni di distanza, nulla ha perduto sul versante dell’attualità e dell’utilità. D’altro canto ne accenno in breve, valgano, nelle preziose Schede del capitolo conclusivo, le decine di opere che Rodari cita. Un elenco, certamente parziale e mai esibito, piuttosto funzionale agli intendimenti dell’opera. Si va dalla psicologia dell’età evolutiva alla pedagogia, dalla filosofia alla linguistica, dal teatro alle neuroscienze, dalla fiaba alla matematica. E dato che ancor oggi, in giro per l’Italia, mi capita di scoprire insegnanti che non conoscono la Grammatica (ma che corso di Scienze della Formazione han fatto?) mi pare opportuno citare per esteso le ultime bellissime righe dell’Antefatto, giusto per tornare da dove si era partiti:

“Io spero che il libretto possa essere ugualmente utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola: “Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto. Dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”. 

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è banner-newsletter.gif