L'ARTICOLO DEL MESE

Illustratore di copertina: Sydney Smith di Walter Fochesato

L’articolo di Walter Fochesato, dedicato all’illustratore canadese Sydney Smith, che firma la copertina di questo mese, è stato pubblicato su Andersen n. 389. Sostieni Andersen con un abbonamento! 

Tralasciando alcune pur pregevoli copertine ho qui davanti a me i cinque albi di Sydney Smith che a tutt’oggi, fra il 2020 e il 2021, sono apparsi nel nostro Paese. Si tratta, nell’ordine di: Fiori di città, un silent book di JonArno Lawson e La mia città sul mare di Joanne Schwartz, pubblicati da Pulce; Smoot. Un’ombra ribelle di Michelle Cuevas edito da De Agostini; Piccolo in città e Io parlo come un fiume, su testo di Jordan Scott, per Orecchio Acerbo.

Anche sfogliandoli velocemente da subito si coglie un dato ben preciso. Ogni volta l’autore cambia talora sensibilmente segno. E qui un po’ mi tocca ribadire qualcosa che nel corso degli anni ho osservato non poche volte. Perché un illustratore muta di volta in volta il proprio modo di esprimersi sulla pagina? Mero virtuosismo, autocompiacimento, difficoltà ad approdare a una misura stabile? No, questi sarebbero elementi negativi. La ragione vera e alta – e non sempre è facile giungervi – risiede nella necessità, nell’assillo talvolta, di adeguarsi alle ragioni del testo e, nel caso di Fiori di città, della storia. Si varia e, al tempo stesso, lo sguardo del lettore (piccolo o grande che sia) troverà il modo di riconoscere l’autore. Se l’alchimia funziona è la vicenda a dettare il ritmo, a stabilire, in altri termini, un rapporto persuasivo e stringente con le immagini. Queste ultime, infatti, andranno a cercare quel che le parole suggeriscono, talora appena alludono o sussurrano.

Interni di Io parlo come un fiume (Orecchio Acerbo) e Fiori di città (Pulce)

Tacciono, altre volte. Ma vi è di più ed è soltanto uno spunto che avrebbe bisogno di ben altri approfondimenti. Amo gli illustratori come Sydney Smith perché il loro è un segno che chiamerei, con tutte le virgolette del caso, incerto, esitante. Vi sono artisti che ci stupiscono per la sicurezza del loro operare. Ma tutto ciò porta non di rado alla ripetizione, alla maniera, alla cristallizzazione del segno. Smith invece tasta il visibile, si abbandona in questa sua avventura alle incertezze e agli imprevisti della mano che prova e trova, e scopre le ricchezze del nuovo, dell’inatteso.

ASCOLTALe audio-recensioni di Fiori di città e Io parlo come un fiume su RAI Radio Kids

Da tal punto di vista mi sembra assolutamente esemplare Io parlo come un fiume. Il testo è del poeta canadese Jordan Scott e muove da un doloroso dato autobiografico: la balbuzie che lo ha afflitto fin dall’infanzia, la lotta diuturna contro le parole, quelle bellissime “parole del mattino” che non riescono ad uscire dalla bocca del protagonista.

I suoi compagni di classe e l’insegnante “non vedono un pino che spunta fuori dalle mie labbra al posto della lingua. Non sentono la cornacchia che fra Cra Cra! nella mia gola. Non chiudono gli occhi davanti al chiaro di luna che brilla dalla mia bocca aperta”.

Interni di Io parlo come un fiume (Orecchio Acerbo)

Sarà il padre, in un giorno di particolare difficoltà a portarlo lungo il fiume e a mostrargli come, quest’ultimo, sia “una forma naturale e paziente, che si fa sempre strada verso qualcosa più grande di sé. Giacché il corso d’acqua, muovendosi balbetta: gorgogliante, vorticoso, tumultuoso, dirompente”. “Mio padre dice che io parlo come un fiume”. Una metafora potente e lirica che cura, rassicura e lenisce. Ma la mite forza della prosa poetica dell’autore si amplifica e si precisa nella magia e nella magnificenza delle tavole di Smith che incantano per una mutevolezza che, passo a passo, segue le cadenze della storia. Dal risveglio mattutino già pieno di attese e di timori, fino alla classe con una tavola dai toni confusi, come se fosse stata toccata e sbiadita dalle lacrime del bambino. Fino alle pagine dedicate al fiume dove testo tipografico, illustrazioni e partiture grafiche assumono un valore predominante e diventano scoperta, attesa, meraviglia, conquista, solennità, riconoscimento e identificazione. Una partitura musicale che vibra e risuona in noi.

Ecco che il tratto di Smith si fa particolarmente fine e morbido e pastoso, ricco di ombre e velluti, si sfrangia e si spezza, si fa luce e gocce, onde e ciottoli, in un trionfo di tocchi rapidi e pennellate fluide. Michelle Cuevas, ben nota per Le avventure di Jacques Papier (Premio Andersen 2016 al Miglior libro 9/12 anni), ha dato vita ad una piccola storia che per taluni versi riprende la Storia vera di un amico immaginario, giusto per citarne il sottotitolo. Qui a farla da padrone sono le ombre, reali e al tempo stesso immaginarie. Capaci di staccarsi dai corpi e di ribellarsi ad una condizione frustrante e ripetitiva. Smoot è l’ombra di un bimbo solitario e triste che non ama ridere e saltare e scatenarsi “a più non posso”. Per questo vola via, ma ecco che il gesto viene imitato da altre che hanno pressanti desideri da esaudire: un dente di leone vola nel cielo; un grillo e una cicala mettono su un gruppo musicale; una rana che ama le favole vede la sua ombra diventare un principe; una libellula si trasforma in un drago sputa fuoco; un sasso diventa “un castello alto fine alle nuvole”. A desideri avverati le ombre decideranno di tornare al loro posto e Smoot riuscirà a rendere sereno (e ribelle) anche il corpo e la mente che lo ospita.

 

Sospesa fra magia e quotidianità infantile, che Smith sa sempre rendere con vivissima e precisa partecipazione, la vicenda viene resa con tratti veloci e nitidi dove accanto alle silhouettes delle ombre le figure sono evidenziate da un tratto nero e marcato che gioca con non comune eleganza grafica con audaci e freschissimi tagli compositivi e con le ampie partiture in bianco. Tre dei libri citati poco sopra sono già stati ben recensiti su Andersen e non dal sottoscritto, per cui mi sono esclusivamente concentrato sui due restanti. 

Ma Fiori di città è pur sempre, e scusate se è poco, il Miglior libro senza parole del 2021 capace, come vien detto nelle motivazioni, di cogliere “quel che gli adulti non vedono” in “una narrazione “silenziosa” ricca di piccoli incanti e poesia”. Dal canto suo La mia città sul mare si muove con non comune, emozionante delicatezza fra storia sociale e memoria collettiva individuando, implicitamente, una serie di nodi ancor oggi attuali fra sviluppo industriale, appartenenza di classe ed equilibri ambientali.

La mia città sul mare, Pulce edizioni

Chiudo con Piccolo in città – di cui Smith è autore completo – libro di rattenuta, ineffabile bellezza, un mirabile concerto di silenzi e frastuoni, di timori e tremori, di scoperte e prove da superare. Superbo il ritmo sincopato di narrazione e colore. Con la inattesa sorpresa dell’immagine per la nostra copertina che riprende e aggiorna una tavola dell’albo con un finissimo gioco di specchi e di scomposizione di immagini del nostro bambino con i tre ciuffi. 

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