Premio Andersen 2023: miglior libro senza parole La quarantaduesima edizione

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Sdeng bum splash! Il grande libro dei rumori di Benjamin Gottwald, Terre di Mezzo

Per l’originalità di una proposta che trasforma il libro in uno spartito per la lettura condivisa, dove le immagini suggeriscono rumori, offrendo una dimensione sonora allo sguardo del bambino. Un libro da sperimentare insieme, muto ma per nulla silenzioso, dove si gioca con la voce e l’immaginazione, senz’altro fine che non sia la gioia di stare insieme.

La recensione di Guido Affini su Andersen n. 401 (aprile 2023):
Sdeng bum splash, il grande libro dei rumori di Benjamin Gottwald potrebbe essere definito il più rumoroso silent pubblicato. Si può chiudere velocemente la recensione di questo titolo dicendo che è un libro di immagini che invitano il lettore a riprodurre i suoni, stimolato da quello che vede nelle pagine. Tutto qui. La linearità e semplicità di questo titolo è esemplare e la sua efficacia è solo da testare. Le illustrazioni sono grossolane, quasi pacchiane. Sembrano i disegni dei luna park o di alcune tavole per accompagnare le barzellette. Infantili i corpi, la definizione dei protagonisti, l’insistenza per il particolare che si vuole evidenziare. Sfrontato, Gottwald è un autore che sembra voler ridere a tutti i costi. Con questo stile popolare il libro cattura e ci si trova in un elaborato progetto editoriale nato dalla tesi di laurea in Scienze applicate all’università di Amburgo di questo autore altrimenti impegnato a illustrare i Fisici di Dürrenmatt. Colpiscono gli accostamenti basati su relazioni e contrasti. Allusioni. Accenni. Il rombo delle macchine in pista è seguito dal rumore delle mosche, che ronzano intorno al materiale di cui sono ghiotte, raffigurato come se fosse un emoticon. Successivamente a questo disegno l’autore propone il volo dei semi del tarassaco, quei leggeri soffioni, gli acheni di pappo, che si librano silenziosamente e precedono un aereo a elica, confrontato con il lancio di un aeroplano di carta, che solca l’aria. Il sorriso arriva nel riprodurre quello che l’autore ci suggerisce, perché il suono in realtà non viene procurato da alcun meccanismo se non dall’immaginazione di chi guarda le tavole. Irresistibile. La lettura, senza bisogno di conoscere i caratteri stampati, diventa un viaggio nella nostra capacità di creare finzione, di dare rumore. E chi si occupa di teatro sa che finzione e dare voce sono termini strettamente correlati. Mi viene da accostare questo albo di 160 pagine coloratissime, sgargianti e impetuose, all’elegante e sofisticata opera di Mendelsund e la domanda che Gottwald pone, “cosa sentiamo quando vediamo un’immagine”, è la variante del libro del grafico svizzero Cosa vediamo quando leggiamo (Corraini edizioni 2020). Il lavoro di Gottwald è estremamente ricco, profondo, capace di intercettare molte linee delle ricerche delle neuroscienze affascinate dalla reazione della testa del lettore, mentre si immerge nel libro. La consapevolezza dell’artista è lampante man mano che, addentrandosi nella lettura, ci si trova a perdersi tra creare i suoni provenienti dalla nostra esperienza e provare l’esperienza di suoni legati alla nostra immaginazione, rimpallati come la pallina di pingpong tanto cara all’illustratore. Così rumori mai uditi, come un dinosauro che mangia le foglie, la caduta di un meteorite, un drago che infiamma un castello, sono passaggi che permettono di comprendere i motivi per cui il titolo originale sia “un ragno suona il piano”. 

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