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Grazie di Icinori, trad. di Paolo Cesari, Orecchio Acerbo
Per la cura di tavole che, pur semplici ed essenziali, risultano quanto mai evocative in un continuo gioco di colori e di rigorose eppure sfolgoranti invenzioni. Per la capacità di dare ritmo a un crescendo ineffabile di sorprese, scoperte, rischi e meraviglie in un viaggio di formazione che è anche scoperta di sé. Per un profondo elogio alla bellezza del mondo, in tutte le sue forme.
Recensione di Walter Fochesato pubblicata su Andersen n.422:
Ricordo intanto due cose: Icinori è il nom de plume di una coppia di artisti: Raphael Urwiller e Mayumi Otero, lui francese e lei giapponese, editori e stampatori amanti della sperimentazione costante e coraggiosa, caparbia verrebbe da dire. La seconda è che il suo nome è ben presente nel catalogo di Orecchio: da Issun Boshi (2014) a E poi? (2018), partendo da Jabberwocky (2012) firmato peraltro dal solo Urwiller e che illustrava un arguto, delizioso nonsense di Lewis Carroll. Libri molto diversi fra di loro ma dove il segno si fa riconoscere per la scelta costante e ardita alla difficile arte della serigrafia. Tavole curatissime e finissime, semplici ed essenziali, quanto mai evocative in un continuo gioco di colori e di rigorose eppure sfolgoranti, preziose invenzioni.
Orbene, basterà leggere una citazione tratta dal testo, come questa:
Grazie giallo Grazie rosso Grazie azzurro Grazie colori Grazie casa Grazie sveglia Grazie letto Grazie mattino Grazie occhio Grazie sapone Grazie doccia Grazie asciugamano Grazie calore Grazie calzini Grazie pantaloni Grazie giacca Grazie pullover
per comprendere che il libro – Premio Andersen 2025 come miglior albo illustrato – non è altro che un succedersi di “Grazie” che accompagnano le tavole singole o doppie che siano. Si parte dall’immagine di un gallo realizzata in quattro toni diversi ed è proprio lui, con il suo canto, a dare il La alla storia con un ragazzino (almeno così parrebbe) che si sveglia, si veste, fa colazione e affronta il freddo per un viaggio in bicicletta. Giunge così in stazione per prendere un treno che lo porti in città. E qui la storia, già per piccoli accenni figurativi, muta e diventa felice e inconsueto pretesto per un’avventura che lo porta ai quattro angoli del mondo e negli ambienti più diversi. In un crescendo ineffabile di sorprese, scoperte, rischi e meraviglie. Alla fine di tutto questo peregrinare avverrà il ritorno a casa con un viaggio di formazione che è anche scoperta di sé.
Meglio però non anticipare troppo attorno a quest’ultimo aspetto e lasciarne al lettore l’interpretazione. Difficile peraltro definire l’opera tanto è ricca, precisa e, al tempo stesso, sfuggente. Di certo una lode, ripetuta pagina dopo pagina, alla bellezza e alla ricchezza del mondo in tutte le sue infinite forme e occasioni. Credo però che nella stordente bravura dei due autori forse il ringraziamento vero sia quello verso il mondo delle figure e dei libri e vien quasi da pensare che tutto il viaggio altro non sia stato che un sogno fatto sfogliando libri illustrati. Non a caso ripetuti sono gli omaggi all’arte giapponese piuttosto che ai vecchi libri incisi. Un’opera forte e dall’altissima misura lirica, da vedere e scoprire (mai stancarsi di ripeterlo) con tutta la necessaria lentezza.
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