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Ö di Guridi, Kite
Per una storia di selvatichezza, di istinto e di natura, che celebra le piccole meraviglie del mondo. Per la denuncia, pacata ma ficcante, diretta all’azione distruttiva dell’uomo, capace di sconvolgere l’ordine naturale delle stagioni, dei ritmi naturali, delle ritualità più istintive. Per il messaggio di speranza che permea le pagine, in un invito – senza bisogno di parole ma attraverso l’ineffabilità delle illustrazioni – alla salvaguardia del nostro pianeta.
Recensione di Mara Pace, pubblicata su Andersen n. 423:
L’orso protagonista di questo albo illustrato senza parole, vincitore del Premio Andersen 2025, decide di non andare in letargo. Vuole godersi il bianco della neve, un paesaggio che è per lui inedito e straordinario. La meraviglia di questo primo incontro con la stagione invernale viene narrato al lettore bambino con poesia e umorismo dall’illustratore sivigliano, che in questo suo albo utilizza pochissimo colore, e solo in alcune tavole, per segnalare l’intrusione dell’uomo nella bellezza della natura. La lettera Ö con dieresi, scelta dall’autore come titolo (un segno grafico, muto come la narrazione) sta a rappresentare lo stupore dell’animale – gli occhi sopra la bocca spalancata – e forse, allo stesso tempo, a suggerire il verso che emette l’orso.
All’inizio c’è un’esplorazione cauta e misurata, poi l’orso inizia a interagire con il paesaggio, mostrandosi sempre più curioso (e sempre più vicino a una dimensione bambina). Scuote l’albero per farsi una doccia di neve, afferra due rami per danzare, soffia nell’aria e osserva il fiato condensarsi, si specchia nel ghiaccio, fa l’angelo nella neve. Ed è a questo punto che si ferma e si accorge della macchia gialla nel paesaggio candido: un sacchetto di rifiuti abbandonato. Lo osserva, e anche qui non servono parole, meglio agire. L’orso lascia il sacchetto in un cestino della spazzatura e torna nella sua grotta, probabilmente nel tentativo di evitare l’uomo. Nei risguardi lo troviamo ancora a occhi aperti, forse preoccupato, o perplesso, incapace di prendere sonno.
Raúl Nieto Guridi, in arte semplicemente Guridi, dedica il libro ai suoi figli, i figli dei suoi figli e tutti quelli che verranno, perché “non esiste un pianeta B”. Un omaggio alla meraviglia del pianeta, un albo che scegliendo il silenzio evita la retorica, e che alle parole preferisce i gesti.
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