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Simona Mulazzani di Walter Fochesato

[da Andersen 223 – marzo 2006]

La vegetazione, folta e rigogliosa, si è aperta nello spazio breve di una radura. Con occhi mobili e indagatori una tigre ci scruta: Leggevo che ero - Mulazzanimorbida, flessuosa, pronta alla scatto. Predomina un tono pastello ricco di velature e ombre lievi, le luci notturne ben nette sono portatrici di attese inquiete. Si tratta di un’illustrazione per il libro Animal Poetry – Poetry for Young People (Sterling Publishing, USA 2004) e Simona Mulazzani è, fra l’altro, provetta “animalista” (e le virgolette sono d’obbligo perché lei è capace di catturare come pochi sanno fare l’essenza di un animale e non si cura di dar corpo a rappresentazioni realistiche). Dunque pecore e cani (ricordo Stella dei Pirenei per Emme Edizioni, su testo di Vivian Lamarque), gatti e maiali, mucche e lupi e orsi popolano i suoi libri. Si parte da Animali di carta (Editrice nuova ars libraria), raro albo del 1995, dal forte tono sperimentale, che precede di fatto l’esordio vero e proprio nel campo dell’illustrazione per l’infanzia. Da allora ha pubblicato alcune decine di volumi, senza peraltro rinunciare al suo punto di partenza: una intensa e preziosa attività nel campo pubblicitario e del cinema d’animazione.

Accanto al colore ha dimostrato di saper ben padroneggiare anche il bianco e nero e così da subito le sue bestie si moltiplicano in figure dotate di una scarna essenzialità che ricorda quella delle tecniche incisorie. Penso ad un fortunato best seller come Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepulveda o, sempre nel 1996-97, a In una notte di temporale di Yuchi Kimura, ambedue per Salani.

Ma, tornando alla visione della tigre, con cui ho aperto l’articolo, proprio questo Simona predilige: mondi lontani e remoti in cui domina una poetica del meraviglioso e della stupefazione. Un esotismo figurativamente colto e consapevole, lontano da ogni scontato e arruffato bric à brac, dominato invece da un segno che tende a farsi assoluto e netto nel campire spazi e figure, accompagnato da una valenza coloristica intensa e, vorrei dire, “temperata”. Il taglio è indubbiamente espressionistico.

Perciò mi sembra quanto mai esemplare una sua tavola (inedita) di assoluta limpidezza che è un omaggio puntuale e fervido, ma fatto con discrezione, quasi in punta di piedi, a Paul Gauguin e alle sue atmosfere. Vi è una forte vis narrativa in questa illustrazione. Una figura femminile immobile, statuaria, lo sguardo perduto lontano, la capanna delineata con paziente e asciutta esattezza, alcuni animali e poi lui, l’artista, colto di spalle, mentre si muove lesto e lieve che par quasi pronto ad uscir dalla composizione. Unica forma in movimento. Mentre tutta la composizione è dominata dalle piante ben distinte le une dalle altre, come in certe composizioni del primo Quattrocento fiorentino, quando gli elementi vegetali venivano isolati e rappresentati quasi a definire in modo esemplare le specie.

Ebbene mi par quasi di trovare nelle sue opere la medesima sensibilità alla luce, la stessa propensione al naturalismo. Sono ad esempio le qualità che ritrovo in una dei libri a parer mio più belli che la Mulazzani ha realizzato. Alludo a Filastrocca ventosa per bambini col fiato corto edito nel 2004 da Topipittori, su testi di Giovanna Zoboli. Qui la nota dominante, come già osservavo recensendo il libro su Andersen, n.207, era il soffiare dei venti. Venti e fruscii, aliti e refoli, spifferi e correnti che rendono tutto cristallino e terso. “Un nonno un po’ curvo, impeccabile nel suo gilet verde bottiglia, soffia deciso su un bianco risotto fumante di cui si potrebbero, ad uno ad uno contare i chicchi”. E ancora il minestrone nella pentola a pressione, una moka massiccia e militaresca inseguita da bricchi e chicchere quanto mai leggere, un caimano, losco e maligno, che soffia su un sereno paesaggio di campi e colli, quasi una “metafora potente e impietosa per tanti e annunciati scempi e disastri ambientali”. Ma quei casolari e quei poggi sono presi senza alcun dubbio dalle dolcezze del panorama marchigiano ed ecco che così si può comprendere meglio il riferimento, forse eccessivo all’apparenza, alla pittura del Quattrocento.

Altre volte invece Simona si diverte a giocare con gustosa parsimonia citando la grafica e le arti del ‘900. È il caso di un disegno per la rivista Telema che raffigura un polipo di spropositate dimensioni, placido e sornione, all’apparenza, che abbraccia il mondo con i suoi tentacoli. Su questi, in bianco e nero, spuntano e si inseguono le innumerevoli icone del nostro vivere quotidiano fra echi pop e allusioni al graffito. Il tutto in modo divertito e scanzonato ma senza rinunciare ad una punta appena di perfidia e di tensione. Memore, forse, di uno dei suoi più riusciti cortometraggi d’animazione, realizzato insieme a Gianluigi Toccafondo: Il criminale, opera dalle cupe atmosfere noir.

Ma vorrei concludere ritornano all’illustrazione per l’infanzia, parlando di un albo che uscirà per la Fiera del Libro di Bologna. Alludo ad Anselmo va a scuola, sempre per Topipittori e ancora su testi della Zoboli. Anselmo è un coniglietto di peluche, dalle poche parole. A raccontarci la sua piccola vicenda è il suo padrone e amico, un bambino che ha la medesima età: cinque anni e nove mesi.  Ebbene, Anselmo è preoccupato, infatti sta per iniziare la 1° elementare e via via l’ansia e la preoccupazione aumentano. Neppure la prediletta torta di carote riesce a restituirgli il sorriso. Finché il bimbo ha un’idea: grazie alla sua macchina volante faranno un viaggio notturno alla scuola e parleranno con mappamondi e lettere dell’alfabeto, computer e libri. Così Anselmo e, va ben detto, il suo padrone ritroveranno la serenità perduta.

In questo libro il segno della Mulazzani muta di registro e si fa, se è possibile, ancor più parco. Le figure e gli oggetti spiccano sovente sul fondo bianco della pagina e si impongono al lettore in virtù di una non comune delicatezza del tocco o grazie a una diffusa, sommessa eleganza. Alla dolcezza che caratterizza l’opera concorre altresì, e in modo non secondario, un colore nitido ma contemporaneamente morbido, capace di accompagnare e sottolineare la flessuosità della linea. Simona predilige anche in questa occasione per le figure umane, soluzioni frontali, visi tondi e luminosi che sfuggono al rischio concreto dell’inespressivo in virtù di rapidi tocchi al volto: la curva del naso, il sorriso del volto, gli occhi pensosi o ridenti.

Una esemplare lezione di stile.

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