Miglior libro mai premiato Premio Andersen 2017

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David Wiesner
MARTEDÌ
Orecchio Acerbo

Per la tersa, sapiente e insinuante bellezza di tavole dalla misura cristallina. Per la beffarda e ironica vena surreale che spezza la quotidianità aprendo le porte al meraviglioso e all’inaspettato. Per il perfetto ritmo narrativo che si affida quasi esclusivamente alle immagini.

La recensione di Walter Fochesato su – ANDERSEN 340 (marzo 2017)
Sorprendente, stordente, poetico, pacato, sapiente, ironico, beffardo, bizzarro, inquietante, limpido, aggressivo, trasgressivo, disincantato, sognante: sono una serie di aggettivi che si potrebbero usare per avvicinarsi all’arte di David Wiesner. Il fatto è che nessuno sembra in grado di cogliere l’essenza e l’ineffabilità del suo lavoro. Nei suoi picture books nasce e si sviluppa un universo eclettico e composito, denso di fascino. […] Prendo ad esempio Martedì che, apparso negli Stati Uniti nel lontano 1991, è finalmente sbarcato anche in Italia, grazie ad Orecchio Acerbo. Magari portato, attraverso l’Atlantico, da una ninfea. Le medesime foglie che un martedì sera, attorno alle otto, decidono di librarsi in aria, a centinaia e centinaia, trasportando placide rane che, ben presto ci prendono gusto e navigano silenti fra villette e strade, giardini e interni sconcertando, sollevando biancheria stesa, mettendo in fuga un cane. Fino a che tutto finisce, le foglie si afflosciano al suolo e qui verrebbe da pensare alla notissima carrozza di Cenerentola. A quel punto ai batraci bastano un po’ di salti per tornare, contrariati in verità, nel loro habitat. Ma le sorprese non finiscono dato che (mentre la polizia brancola nel buio, come suol dirsi) “Il martedì successivo, ore 19,58” ad innalzarsi sono i… maiali delle fattorie. E spetterà al lettore pensare a quel che poi accadrà. Mentre a me viene in mente l’analogo finale dello splendido Lupi nei muri di Neil Gaiman, con le illustrazioni di Dave McKean. Dunque, sembra suggerirci Wiesner, viviamo in un mondo dove tutto è possibile, basta saperlo cogliere e volerlo, con quella predisposizione del cuore e dello sguardo che è tipica dell’animo infantile. Le tavole nella loro tersa e insinuante bellezza aprono altresì interrogativi attorno ai reali intendimenti di Wiesner. Forse viene da chiedersi se non vi sia anche un che di implicito, di sottaciuto, una certa percentuale di ansia e di attesa che rimanda ad Alfred Hitchcock e alle sue metafore. Né ci sarebbe troppo da stupirsi dato che Wiesner è un autore indubbiamente colto e la sua propensione verso il surrealismo mi sembra che si nutra di Max Ernst e della sua Semaine de Bonté più che di uno scontato riferimento a Magritte.

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