L'ARTICOLO DEL MESE

A cosa serve l’estate di Beatrice Masini

Illustrazione di Irène Bonacina tratta da L’ultimo giorno d’estate (Terre di Mezzo, 2022) di Timothée de Fombelle, libro recensito all’interno del monografico dedicato alle vacanze al mare.

L’articolo di Beatrice Masini, una riflessione su stagione estiva e libri, è stato pubblicato su Andersen di luglio/agosto 2022 – n.394, un monografico dedicato alle vacanze al mare, tra suggestioni di lettura e ascolto. Per sostenere la rivista Andersen, abbonati ora!

Come tutte le cose di vero valore – vetrini consumati dalla sabbia e dall’acqua, rami di alberi che vengono da molto lontano, pezzi di conchiglia dotati di impossibili sfumature verdi o blu – anche l’estate nei libri per ragazzi non serve a niente. Non deve servire a niente. È il tempo più libero, indefinito, vago e possibilista che si possa immaginare; il tempo in cui chiunque può reinventarsi, far finta di essere quello che non è o di non essere quello che è, a scelta. Per un bambino è sfuggire al raggio dello sguardo adulto ma senza sotterfugi, perché si può; oppure spingere il confine più in là, dieci centimetri alla volta, e allargare il territorio. Per un ragazzino è ignorare le regole, infrangerle, o anche lentamente modificarle: dipende dal grado di audacia e dal tasso di ribellione che si porta dentro.

E proprio per questo non è affatto necessario che d’estate si leggano libri che parlano d’estate. Il tempo segue altri orologi: accelera in modo prodigioso se ti stai divertendo, è lento come un pomeriggio bollente se ti annoi, si ferma, semplicemente, dentro i giorni più belli per poi precipitare verso il primo temporale e la fine di tutto. Precisamente quando anche dell’estate cominciavi a essere stanco, e l’idea di settembre – un settembre in cui sei più alto di tre centimetri, più bello, più scuro in volto, più spavaldo, diverso, e puoi mostrare tutto questo al vecchio mondo – assume un suo imprevisto fascino. Se il tempo fa quello che vuole, anche tu lettore puoi farlo: è il momento dei libri lunghissimi, dei libri difficili, dei libri che nessuno ti impone di leggere – gli insegnanti ormai consegnano liste in cui c’è di tutto, di tutto assolutamente. Tanto vale correre rischi, che è poi il senso del crescere. E se i grandi sotto l’ombrellone divorano gialli e storie d’amore, perché non scegliere invece libri difficili o strani, che in genere non si avrebbe la pazienza di affrontare? Peter Pan nei giardini di Kensington, perché si crede di saperne tutto, e invece. Ma anche Winnie Puh, quello vero, quello di Milne, che sembra per bambini piccoli, ed è un libro di filosofia. I classici, seri, lunghi e complicati, in versione integrale, che prima ti sfiniscono di descrizioni e dopo niente, ci caschi dentro e non torni indietro più: Il Conte di Montecristo, la prima Jane Austen (Persuasione?), una sorella Brontë. I classici più vicini a noi, magari più brevi, ma che scintillio: Tonio KrögerMorte a Venezia, ma anche Ho un castello nel cuore. Qualche romanzo contemporaneo da grandi (niente consigli, liberi tutti, però vale solo per chi possiede una certa naturale inclinazione al furto con occultamento. Metà del piacere sta lì, l’altra metà nel libro, se si è fortunati a pescare.)

E fin qui si è detto dei ragazzi. I bambini si devono rassegnare, e fidare dei loro grandi: prima le maestre, poi le nonne, i papà, le mamme. Di chi è disposto anche d’estate a leggere ad alta voce, di chi prima di partire si è avventurato in libreria armato della famosa lista della maestra, e della generosità che ha messo nella scelta: qui dice che devi leggere tre libri, te ne compro sei, così puoi scegliere e magari li leggi anche tutti, che i pomeriggi bollenti sono lunghi.

E comunque d’estate si può leggere di tutto, mentre i libri sull’estate (alla rinfusa: Regole dell’estate di Shaun Tan, Il corpo di Stephen King, Magia di mezza estate di Tove Jansson, Vacanze all’Isola dei gabbiani di Astrid Lindgren, Quattro amiche e un paio di jeans di Ann Brashares, Hotel Grande A di Sjoerd Kujper) è meglio leggerli d’inverno. Così si immagina, si ricorda, si sogna, e la stagione più breve dell’anno dura un po’ di più. 

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