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La stanza dei bambini di Vera Salton

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[da Andersen 289 – febbraio 2012] Alla scoperta dell’infanzia, delle tante infanzie del mondo, attraverso un percorso negli spazi più intimi: quelli deputati al sonno.

«Angelicaaaaaaaaa metti in ordine la tua camera!» Recita un libro oramai famoso di Charlotte Gastaut (Il grande viaggio della piccola Angelica, pp. 46, euro 18,50, Gallucci, 2010). Chiedete a un bambino: «qual è la tua camera?» «È quella là, dove dormo», risponderà probabilmente.

Come si può definire lo spazio dei bambini e quali sono i particolari che lo rendono davvero riconoscibile? Qualche possibile risposta per suggestioni visive la troviamo in Dove dormono i bambini (Contrasto editore, 2010), il volume pubblicato con il sostegno di Save the Children e realizzato dal fotografo di fama internazionale James Mollison, il quale si è proposto proprio di indagare diverse prospettive d’infanzia attraverso quello che è lo spazio più intimo, ovvero quello del sonno.
Durante i suoi viaggi, Mollison ha fotografato le camere di 56 bambini provenienti da 24 paesi di tutto il mondo: dagli Stati Uniti al Messico, dal Brasile alla Gran Bretagna, dall’Italia al Giappone all’India.
Ogni doppia pagina presenta su un lato il volto di un bambino e sull’altro il luogo dove dorme. Un breve testo narra, di volta in volta, la storia del protagonista delle immagini. In aggiunta il volume contiene una ballata di Margaret Mazzantini e un contributo di Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti.

Si passa dalla stanza di Irkena, pastore, che vive in Kenya con la madre in condizioni seminomadi, a quella di Samantha, cintura nera di karate che vive in una villetta a Long Island, New York; da Indira in Nepal, che lavora in una cava di granito da quando ha tre anni a Kaya che vive a Tokyo in una camera sommersa da bambole, dalla quotidianità di un bambino di nove anni che frequenta una scuola per ex bambini soldato a quella di Ernesto, sempre di nove anni, che vive vicino ad Orvieto.  

Il luogo deputato al sonno è uno spazio importante non solo per la sua funzione temporale, ma anche per la sua valenza simbolica. Dall’osservazione delle camerette è possibile comprendere quale sia lo stile di vita di una comunità e quindi quali siano i ritmi dettati dall’organizzazione del tempo. Particolari come l’esistenza di orari ed orologi, l’impostazione più o meno rispondente ai ritmi del sole e della vita a contatto con il mondo animale, lo scandire il tempo attraverso una ritualità di azioni, sono tutti elementi significativi, non solo per capire come si organizzi una particolare società, ma anche per definire quale sia il ruolo che in questa ricoprono i bambini e i ragazzi.
Proprio questi scatti rendono evidente quanto la loro collocazione sociale sia diversa a seconda della zona, e in quanti modi differenti venga riconosciuto il passaggio dall’infanza all’età adulta.

Emblematico è il caso delle società in cui precise forme di rito di iniziazione scandiscono il passaggio dall’essere bambini al diventare uomini. Ma il volume fotografa anche quelle società in cui non esistono riti, ma regole scritte, come la Dichiarazione dei Diritti dell’Infanzia del 1959, che, riconoscendo l’Infanzia, delinea fra l’altro il diritto per il bambino ad un alloggio.
La connotazione dello spazio domiciliare definisce certamente una cultura, ben diversa a seconda dei differenti tipi di abitazione. Pensiamo al quadro ricco e vario che dona in merito il libro di Caroline Laffon: Case del mondo. La multiculturalità raccontata ai ragazzi (L’Ippocampo, 2004). Anch’esso riporta delle doppie pagine con fotografie di ampio respiro ed esaustive descrizioni dei differenti alloggi contestualmente alle abitudini dei suoi inquilini.
Non va trascurato nemmeno il fatto che questi luoghi diventino spesso spazi di relazione: in generale la camera è anche un angolo per giocare; talvolta, mediante l’esposizione di trofei, essa diviene un luogo che definisce la personalità in maniera inequivocabile; talaltra è uno spazio comune, condiviso con altri membri della famiglia o della comunità.

La condivisione e l’ampiezza di un’abitazione possono essere anche segnali per definire la posizione sociale e la funzione dei suoi occupanti nella società. Non a caso Mollison in un’intervista realizzata a Venezia lo scorso anno diceva: «Questo lavoro rappresenta un modo per riflettere sulla povertà, sul benessere economico, su come i bambini si relazionino agli oggetti della loro vita quotidiana e sul loro potere, o in mancanza di questo, nel prendere decisioni riguardo alle loro vite. […] Il mio percorso professionale e umano, la curiosità e la voglia di fermarsi a riprendere le immagini e le parole che mi sono sembrate toccanti e che mi hanno commosso: ecco il vero e unico motore di questo volume». E, viene da chiedersi, dove dormivano questi bambini quando erano neonati? Persino questo sonno è culturale, lo racconta bene Ninna-a ninna-o! (Il leone verde, 2011) di Kathy Henderson, una raccolta di nenie di 29 paesi del mondo, con testo a fronte: se differente è il modo, a tutti è dato il canto, siano cullati sulla schiena della mamma in Groenlandia e in Malawi, sul seno in Australia, o fra le braccia delle zie in Bangladesh. 

Immagini tratte da Dove dormono i bambini (Contrasto editore 2010) di James Mollison

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