L'ARTICOLO DEL MESE

Nadia Terranova: incontro con una scrittrice

Nadia Terranova in uno scatto di Mara Pace per il progetto Leggevo che ero: «Piccole Donne di Louise May Alcott è il primo vero romanzo che lessi da sola, usando un segnalibro perché non si poteva finire in un giorno solo. Da allora lo rileggo quasi ogni anno quando si avvicina il Natale».

L’intervista con la scrittrice Nadia Terranova, a cura di Gabriella Zammataro, è stata pubblicata su Andersen n.401 – aprile 2023. L’autrice ha vinto il Premio Andersen 2022 con Il segreto (ill. Mara Cerri). Sostieni la rivista Andersen con un abbonamento!

Nadia Terranova è una delle voci più conosciute e apprezzate nel panorama della narrativa italiana di oggi. La sua scrittura intensamente poetica è piena e intessuta di fili che narrano di un profondo amore per la sua terra, e insieme di un solido legame con la grande letteratura. Nell’ampia produzione letteraria alterna romanzi a racconti, libri per ragazzi, saggi, articoli; vincitrice del Premio Andersen 2022 con Il segreto (Mondadori), illustrato da Mara Cerri, nella categoria Miglior libro oltre i 12 anni; nel mese di dicembre 2022 vince il Premio Strega Ragazze e Ragazzi 2022, categoria +8, con lo stesso libro.

Inizierei proprio dal Premio Andersen per Il segreto, una storia lieve e potente ed intensa, una storia senza tempo e senza  età, un racconto  speciale tra mondo magico sotterraneo e mondo reale.

Da anni avevo in mente un’immagine legata a un ricordo: una bambina seppelliva un segreto in un giardino. Però, per quanto ci provassi, non riuscivo mai a farne venir fuori una storia, non ero mai soddisfatta del risultato. Nella vita reale quella bambina ero io, era stata mia nonna a suggerirmi, in modo un po’ animista, di scavare una buca per il segreto che mi opprimeva il cuore. Ma erano passati tanti anni, non ricordavo più cosa fosse accaduto dopo né quale fosse il segreto, ricordavo invece perfettamente il punto del giardino in cui lo avevo fatto e il modo in cui le piante si erano modificate nel tempo. Il segreto era passato da me alla terra, e aveva cominciato a vivere una vita a me sconosciuta. Così, un giorno ho passato quella visione a Mara Cerri e lei ha cominciato a far vivere quel segreto con le immagini. Non ci siamo dette quale segreto fosse, lo abbiamo scoperto insieme alla fine del libro, e nel frattempo abbiamo scoperto noi stesse, è nata un’amicizia. E lei mi ha raccontato che anche sua mamma seppelliva segreti in giardino.

Da poco è stato pubblicato Il Cortile delle sette fate (Bompiani): una fiaba legata alla cultura della fiaba popolare siciliana, nella Palermo del ‘500, un preciso momento storico che ci riporta alla “caccia delle streghe” con protagoniste coraggiose, tutte donne. Una storia contro ogni pregiudizio, intessuta dalle meravigliose immagini di Simona Mulazzani. Un filo, quello del fiabesco, del fantastico, del magico, del rapporto tra il visibile e l’invisibile, che unisce queste due ultime storie, a cui tu mi sembri molto legata.

È vero e così torno al mio primo amore, l’innesto fantastico in un racconto realistico, come era successo dieci anni fa quando avevo scritto Bruno il bambino che imparò a volare (ill. Ofra Amit, Orecchio Acerbo, ndr), in cui partendo dalla storia vera dello scrittore ebreo polacco Bruno Schulz avevo immaginato una storia fatta di ali e sparizioni. Mi interessano le cose che stanno in cielo e terra, per dirla con Shakespeare, ma mi interessano anche moltissimo i mondi invisibili e i fili sottili che li legano al nostro, le connessioni disorganiche e imprevedibili, magiche. 

In entrambe le storie è presente la figura di una gatta. “Essere  di un gatto”  significa toccare il mistero, significa interpretare i miagolii e trasformarli in linguaggio. Gatti, religione e magia sembrano essere mondi in stretta connessione fra loro.

A volte guardo le mie gatte e penso a quante cose sanno e vedono più di me. Io mi fido moltissimo di loro. Hanno vissuto molte vite, sono animali sacri e sornioni, compagni di strada misteriosi e vicinissimi.

La presenza delle donne nella tua scrittura colora di importanza e di fascino l’essere donna. Cosa significa per te essere donna scrittrice oggi, anche rispetto a tantissime altre scrittrici donne dei secoli passati poco lette e a volte poco conosciute.

Io vorrei sempre ringraziare chi ha scritto prima di me, perché è sulle loro spalle che ci poggiamo. Su quelle delle donne innanzitutto, perché le donne che hanno fatto arte oltrepassando un margine, sfondando un confine, sfidando l’oblio a cui comunque spesso sono state poi confinate, sono le mie personali dee. Sono grata a loro di essere esistite, le sento madri e sorelle.

In un’intervista di qualche tempo fa, sul tuo ultimo romanzo Trema la notte (Einaudi), affermi che studi gli arcani da anni e che ti hanno aiutato molto nella scrittura per cui hai voluto coinvolgerli esplicitamente nel racconto. La parola “arcano” significa appunto “segreto”. Cosa significa per te il senso del sacro, del magico, che a volte avvertiamo davanti a ciò che non possiamo controllare?

Ognuno di noi ha una strada, o più d’una, per accedere a un mondo segreto. Per me è la scrittura, nel suo senso più puro, l’unico possibile: scrivere non tanto per capire, ma per vedere. Scrivere a partire dallo sguardo, sfidare la meraviglia, la sorpresa a ogni pagina. Non parlo dei risultati, ma del tentativo che bisogna fare e rifare.

Omero è stato qui (Bompiani) è una raccolta di leggende sulla tua terra; nelle prime pagine scrivi: “So di chiamarmi Nadia (…) alcune delle cose che so da sempre sono storie. Non so quando le ho ascoltate la prima volta, ma le sapevo già (…) Ho sempre saputo di essere siciliana e dunque greca araba normanna e figlia di mille popoli che nei millenni hanno attraversato la mia terra”. Chi è Nadia Terranova donna e oggi madre? Se dovessi trovare delle parole per raccontarti, quali useresti?

Per molto tempo non ho capito il posto in cui ero nata, da bambina mi era indifferente, come lo sono le cose che dai per scontate. Poi era troppo piccolo, non conteneva l’adolescente che voleva scappare. Infine era lontano, ero andata a vivere altrove, da lì finalmente l’ho messo a fuoco, quella era la distanza giusta. Sono diventata una siciliana apolide, che parla dello Stretto dappertutto e ne racconta storie e leggende. Anche a mia figlia, che a Messina ci torna con me e spero così tanto che la senta sua.

Cos’è per te la scrittura: ci può essere nella scrittura libertà assoluta, di lingua, di pensieri? Che rapporto c’è nella scrittura fra cognitivo ed emotivo?

Per me la scrittura deve essere quello spazio di libertà. Io, come tutti, non sono libera fino in fondo, abbiamo vincoli sociali, culturali, politici, che vanno dal pagare le tasse ai doveri più convenzionali. Ma nella scrittura posso tutto, posso rifondare l’universo ancora e ancora.

Più volte ti è stato chiesto della differenza fra scrivere per adulti e per ragazzi: Roberto Denti diceva che non esiste una letteratura per ragazzi e una per adulti esiste la letteratura.  Cos’è per te la letteratura ?

Un posto dove si può essere selvatici, scorretti, avere esperienza di sé attraverso l’esperienza dell’altro, scoprire parti di sé e posti lontanissimi e mescolare le carte. Un posto dove non è importante ciò che è giusto o etico, ma ciò che ci mette in crisi, ci disorienta, e qualche volta ci riassesta.

Viviamo in un momento di svalutazione della cultura e dell’educazione. Eppure la scuola dovrebbe essere il nostro bene comune: il luogo privilegiato della promozione ed educazione alla lettura, la lettura come nutrimento per la crescita, per l’infanzia e l’adolescenza, ma anche per gli adulti, per tutti. Nel saggio Un’idea di infanzia (Ed. Italo Svevo) scrivendo di opere come Pinocchio o di autori come Maurice Sendak, Suzy Lee e altri ci offri una precisa idea di infanzia e una altrettanto precisa idea di letteratura.

Io credo che la letteratura possa quasi tutto, con questo non voglio dire che abbia dei doveri. L’unico dovere che ha, soprattutto quella che finisce in mano ai più piccoli, è di essere interessante. Ho molta fiducia nella sua capacità di cambiarci senza quasi che ce ne accorgiamo. E quando viene maltrattata o sminuita sto male. 

Italo Calvino  scrive  della “fisicità tangibile e sensuale della lettura” e che l’amore per il libro è una relazione sensuale. Se dovessi consigliare ai ragazzi tre classici da mettere in valigia per un viaggio, quali indicheresti? E  quale scrittrice o scrittore del passato vorresti  incontrare e perché?

Allora, proviamo: Cinque bambini e la cosa di Edith Nesbith, La tigre in vetrina di Alki Zei e Le streghe di Roald Dahl. Secondo me in questi tre libri così combinati c’è tutto, ci sono la politica e la vita segreta dei bambini, il reale e il fantastico, la sovversione delle regole, l’amicizia, la paura, la solitudine, la possibilità di cavarsela. Vorrei tanto incontrare Pamela Travers, la sua vita è così misteriosamente sfuggente a tutti i tentativi di incasellarla. Lei era davvero una sapiente, nel senso di persona che sa e che vede oltre il mondo visibile.

Un’ultima domanda: ne La Repubblica dell’Immaginazione (Adelphi), Azar Nafisi scrive di quello che si rischia di perdere nel mondo occidentale, e racconta di quello che sta accadendo all’immaginazione, in particolare negli Stati Uniti, dove oggi nella scuola c’è un modello di pensiero nozionistico, matematico, e non vengono coltivati il pensiero complesso, il pensiero divergente né i talenti narrativi. Cosa pensi della scuola italiana e dell’attuale modello educativo?

Sinceramente avendo una figlia che va ancora al nido ed essendo la mia età scolastica molto lontana, non ho un’esperienza continuativa che possa supportare un’opinione più robusta. Mi faccio un’idea della scuola ogni volta che tengo un incontro per i miei libri, quindi ne ho una visione parziale: mi sembra che ci siano insegnanti molto bravi e pieni di idee che però lottano spesso con paludi di burocrazia e un sistema generale che non li supporta per nulla. La mia impressione è che tutto si basi sulla passione individuale, come molte cose in Italia riguardanti il lavoro culturale, dove viene fuori la forza dei singoli ma anche la loro solitudine.  

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