L'ARTICOLO DEL MESE

Pinin Carpi

L’articolo di Walter Fochesato, dedicato allo scrittore Pinin Carpi nel centenario dalla nascita, è stato pubblicato su Andersen n. 378 – dicembre. All’autore di Cion Cion Blu è dedicato un convegno a Milano martedì 1 dicembre, con interventi dello stesso Walter Fochesato, di Alessandro Sanna e di Susanna Carpi, organizzato dal Comune di Milano con Il Battello a Vapore e la rivista Andersen. Sostieni la rivista Andersen e regala(ti) un abbonamento per Natale! 

Il 2020 non è soltanto il centenario rodariano ma anche quello di Pinin Carpi altro indiscutibile protagonista della nostra letteratura per l’infanzia. E vi sarebbe anche un terzo nome da aggiungere: quello di Elve Fortis de Hieronymis. Carpi infatti era nato a Milano nel luglio di un secolo fa dalle parti di via San Marco, non lontano, come scrisse lui stesso, dal mulino ad acqua di una fabbrica di cioccolato. Squisitezza spesso presente nelle sue storie. Aggiungo che quasi certamente si trattava della Theobroma, un marchio storico, oggi sparito da tempo. E nella sua Milano se ne è andato la notte del Capodanno del 2004. La sua è stata una famiglia di artisti. Di artisti e di antifascisti. Il fratello Paolo a 17 anni viene catturato dai nazifascisti e poi ucciso nel campo di concentramento di Flossenburg; il padre Aldo (pittore di fama, direttore nel dopoguerra dell’Accademia di Brera), vittima della delazione di un collega fascista, viene deportato a Gusen, una struttura satellite di Mauthausen; si salva grazie alla passione per il disegno e alla volontà di vivere per testimoniare l’inferno in cui si trova. Da lì nascerà Diario di Gusen un bellissimo libro pubblicato a suo tempo da Einaudi e curato dallo stesso Pinin. Pinin stesso parteciperà attivamente alla lotta di Liberazione, anche se, come molti altri, preferirà non parlare del suo contributo. Come lo stesso Rodari o come Roberto Denti, amico fraterno per un lungo tratto di vita. Ed è merito della generosità di Roberto se i suoi bellissimi libri non sono stati dimenticati. Erano infatti finiti fuori dal catalogo della Vallardi ma grazie al suo suggerimento sono stati via via riproposti e con non poco successo da Piemme.

Spetta invece a Gianna Vitali se Pinin Carpi si decide a compiere il grande passo e a illustrare i suoi libri e a ritornare al disegno. Nasce così nel 1975 Le avventure di Lupo Uragano. Ma meglio andare con un minimo di ordine. Mentre Rodari a trent’anni, mandato a Roma dal P.C.I. a dar vita a Pioniere pubblica nel 1950 il suo primo libro, per Carpi il percorso sarà decisamente diverso. A lungo lavora per il Touring Club Italiano e, nella seconda metà degli anni ’40, per il loro mensile, Le Vie d’Italia, illustra, cosa poco nota, alcuni articoli che per più versi anticipano il suo personalissimo segno.

GUARDA ANCHE: L’intervento video di Walter Fochesato su Pinin Carpi

Svolge anche un’intensa attività giornalistica ed editoriale, si occupa di critica teatrale e artistica, scrive di musica jazz. Finché nel 1968 – le date non mentono mai – con Garzanti pubblica Cion Cion Blu, con le belle tavole di Iris De Paoli, attiva allora per il Corriere dei Piccoli. È da qui che nascono libri per più versi rivoluzionari destinati a rinnovare i modi del narrare per bambini creando un profondo e inestinguibile rapporto fra il testo e le immagini che senza soste e senza sforzi si rimandano l’un l’altro, parlando lo stesso immaginifico linguaggio. Rodari si rifaceva al mondo delle tradizioni popolari e agli amatissimi Collodi e Tofano con la mediazione consapevole di suggestioni surrealiste e futuriste. Pinin invece mi è sempre apparso più nordico. In un mondo di folletti, gnomi e creature fatate che nulla avevano a che fare con gli stereotipi disneyani ma, semmai, rimandavano a Yeats o all’ineffabile Regno segreto del reverendo Kirk. O, ancora, al brulichio inquieto e inquietante di esseri fantastici e mostruosi che occhieggiano dalle tavole di Arthur Rackham.

Pinin da bambino certo li avrà sfogliati quei libri nelle pregevoli edizioni dell’Istituto d’Arti Grafiche di Bergamo; così come avrà scoperto Edmund Dulac. Il suo segno nasce da un insieme di “influenze” o, dir meglio, di incanti i più lontani e, all’apparenza, disparati: Gustave Doré, alsaziano e visionario, l’eleganza inarrivabile e discreta degli Hiroshige e degli Hokusai, Walter Crane, il Corriere dei Piccoli con, in primis, Antonio Rubino, anche lui profondamente “nordico” nel suo riferirsi giovanile alla Secessione. Ma non mancano l’arte fiamminga del ‘500 e la lezione del padre. Ed è quel che accade se guardiamo le immagini di un libro per ragazzi illustrato da Aldo e edito da Hoepli nel 1915: Staffetta. Due anni di vita d’un ragazzo di Camilla Del Soldato. D’altro canto Pinin ben conosceva la storia della pittura e una delle sue cose più innovative è la collana L’arte per i bambini, a cui si dedica a partire dal 1973. Storie vivissime che scaturiscono da una scelta di quadri di un grande maestro: da Klee a Van Gogh, da Matisse a Canaletto e così via.

Acquerello di Pinin Carpi da Il vagabondo del mondo e altre storie in cerca di fortuna (Giunti, 1992)

Ma Pinin possedeva anche un altro dono che pareva spontaneo ed era invece frutto di perizia e di fatica. Una lingua all’apparenza semplice che privilegiava l’oralità, l’immediatezza, il parlato, che amava l’accumulo, la ridondanza, la ripetizione (basti pensare allo strepitoso incipit di Cion Cion Blu), l’elenco sorprendente, come nel caso dei cibi, l’andamento cantilenante e quasi ipnotico, l’esagerazione e il colpo di scena, l’ammiccamento verso il lettore. “È del poeta il fin la meraviglia” scriveva Giambattista Marino. Una meraviglia mai compiaciuta o fine a sé stessa ma legata ad un progetto (anti)pedagogico ben preciso. Lo schierarsi dalla parte dell’infanzia, la consapevolezza di quel che un bambino chiede, difendendolo dalle banalità e dalle brutture e dandogli impliciti strumenti di riflessione e ribellione. Gianni e Pinin sono stati due autori profondamente e felicemente diversi ma se volessimo trovare un punto di contatto lo rintraccerei nella consapevolezza che per loro “tutto è fiaba”. Perché quest’ultima è, per dirla con Rodari, “il luogo di tutte le ipotesi” e “può aiutare il bambino a conoscere il mondo, gli può dare delle immagini anche per criticare il mondo”. 

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