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Dante700: di tutto un pop di Lorenzo Coveri

Matteo Berton per La Divina Commedia raccontata da Paolo Di Paolo, La Nuova frontiera Junior, 2015

Giovedì 25 marzoAnticipiamo, in occasione del Dantedì, un articolo di Lorenzo Coveri che uscirà sul prossimo numero di Andersen a maggio.

Questo è l’anno di Dante, a settecento anni dalla morte (avvenuta a Ravenna, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321). Per l’anniversario, è previsto un numero straordinario di eventi (circa 500, per il momento!) tra mostre, convegni, conferenze, letture, omaggi, prodotti editoriali, gadgets e via celebrando.

Iniziative (soprattutto on line, causa pandemia) che si infittiscono attorno al Dantedì (fortunato neologismo coniato dal giornalista del “Corriere della Sera” Paolo Di Stefano e dal Presidente emerito dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini) che cade il 25 Marzo, giorno tradizionalmente considerato di inizio del viaggio ultraterreno del Sommo Poeta. Per l’occasione, il portale Lingua italiana della Treccani dedica tempestivamente uno Speciale a Dantesì, pop, che anticipa alcuni contenuti della mostra Dante. Gli occhi e la mente. Un’epopea pop, a cura di Giuseppe Antonelli, che si terrà al MAR di Ravenna dal 4 settembre 2021 al 9 gennaio 2022.

Nella mostra saranno illustrati i più diversi ambiti in cui la fortuna di Dante e delle sue opere (la Commedia in primo luogo) ha attraversato i secoli sino a farne un’icona della cultura (non solo alta e letteraria) mondiale: dalle canzoni ai fumetti, dal cinema alla pubblicità, dai videogiochi al web, e tanto altro.

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Lo Speciale Treccani si apre con una introduzione di Giuseppe Antonelli, Alighieri, oggi e domani, che passa in rassegna alcuni degli aspetti della fortuna di Dante dai contemporanei ai nostri giorni:  Dante cantato come un Mogol qualunque (il legame tra poesia e musica era più stretto in passato rispetto a oggi), Dante rivisitato nei bestseller di Matthew Pearl e Dan Brown, Dante nei videogames, Dante parodiato nei fumetti (da Topolino ai manga), nel cinema (Totò all’Inferno), da Umberto Eco e da Maurizio Lastrico; infine Dante accostato senza riguardo ai prodotti commerciali più disparati, dall’olio ai fiammiferi all’acqua purgativa (con l’indimenticabile headline che scandalizzava lo Zingarelli  “I’ son Beatrice che ti faccio andare”). Ma, in definitiva, Dante amato. Dante, uno di noi.

una locandina di Totò all’inferno, diretto da Camillo Mastrocinque (1955)

Dante memorabile. Proprio nel senso che, fin dagli inizi, lo si “cantava”, lo si recitava a memoria, come ricorda Giovanni Battista Boccardo in Dante a memoria. Oggi forse nessuno più (o forse solo Benigni, erede di una antica tradizione contadina toscana) sa a memoria i 14.233 versi della Commedia, come il poveretto che fu internato nel manicomio romano di S. Maria della Sanità a metà Ottocento o il più fortunato concorrente di “Lascia o raddoppia?” Enrico Merlini che si portò a casa 5 milioni di lire nel 1956. Ma la citazione (a volte approssimativa) di frasi dantesche, sin dall’Ottimo commentatore del Trecento (“il tacere è bello”, “fa tremar le vene ai [anzi: e i] polsi”, le “dolenti note”, lo “stare freschi”, eccetera) fa parte ormai del patrimonio linguistico, spesso inconscio, di tutti. A dimostrazione di una lunga fedeltà al poeta. E al poema.

Tracce del poema (qualche volta: vere e proprie rivisitazioni) si trovano, come è ovvio per la sua cantabilità e memorabilità, nelle canzoni, in particolare nei cantautori, come ricorda Federico Della Corte in Canzoni dall’Inferno. Da De André a Guccini, da Venditti a Vecchioni, da Battiato a De Gregori (che ci si cimenta pure nella trasformazione della terzina dantesca nei quattro tempi della taranta: esperimento riuscito), ad altri, è tutto il gotha della canzone d’autore a rendere omaggio a Dante. E poi c’è il prog (Metamorfosi), il rock (Marlene Kuntz; ma, prima, la senese Gianna Nannini con la sua Dolente Pia), il primo rap (Jovanotti). Cantare Dante, letteralmente.

 

Dante dei piccoli. È il titolo della un tempo famosa conversazione dantesca di Dino Provenzal, docente e linguista (per anni titolare della rubrica “Questa nostra lingua “su varie testate) con i tre nipotini (1922). Di questo e molto altro ci parla Cristiana De Santis (In bella prosa o in versi diversi. La Commedia per i piccoli), che passa in rassegna la presenza del poeta nell’universo giovanile, dagli intenti pedagogici postrisorgimentali (Luigi Ugolini, Myriam Costa) a prospettive più recenti (Michael Bardeggia, Annalisa Strada, Francesco Dominello e Alessandro Locatelli, Luigi Garlando, Annalisa Piccione, Bindi e Perego; per non dire del bel Dante illustrato di Paolo Barbieri, 2012). In genere, è evidente il tentativo di “svecchiare” Dante e di avvicinarlo alla sensibilità dei piccoli lettori, ma De Santis privilegia due filoni: la riduzione in prosa del poema a opera di bravi scrittori (Roberto Mussapi, Ermanno Detti, con il suo adattamento “bello e infedele”, 2017, Daniele Aristarco, Paolo Di Paolo) e una vera e propria riscrittura in versi (endecasillabi a rima baciata come nell’albo di Virginia Jewiss, endecasillabi sciolti come nel progetto di Massimo Seriacopi, quartine di ottonari a rime alternate -quelle del “Corriere dei Piccoli”- nel lavoro di Enrico Cerni e Francesca Gambino). Questi ultimi esempi possono essere di stimolo alla scoperta della creatività da parte dei più piccoli, come dimostrano alcune esperienze scolastiche. Troppo audace proporre il testo dantesco tout court a giovani e giovanissimi (persino di tre anni?) No, se ci si affida alla lettura ad alta voce e alla suggestione fonica dell’endecasillabo: un ritmo che ti entra nella testa e non ti lascia più.

copertine de Il piccolo Dante di Luigi Ugolini (La Scuola, Brescia, 1929) e Il Dante dei Piccoli di Dino Provenzal (La Voce, 1922)

Un gioco, appunto. E Giocando con Dante, come ci racconta Federico Milone, c’è da divertirsi. Sulla carta, con giochi enigmistici, anagrammi, crittografie, logogrifi, sciarade, che hanno fatto la gioia di Umberto Eco e di Stefano Bartezzaghi; sulle navicelle dei “tunnel dell’orrore” (dark ride, celebre quello progettato a Boston dal pittore emigrato negli States Attilio Pusterla); e sui sentieri digitali dei videogames, dal Dante’s Inferno per Commodore 64 a quello per la Playstation 2010.

 

Poteva la Decima Musa restare estranea alla tentazione dantesca, con la Commedia (e soprattutto la prima Cantica) che si dispone davanti ai nostri occhi come un ideale set cinematografico? Certo che no. È un antifrastico Nuovo Cinema Inferno quello in cui ci guida Giuliana Nuvoli, seguendo, tra le tante possibili, tre prospettive: le trasposizioni, i riferimenti, le citazioni. Nel primo caso, l’esempio più noto è il muto L’Inferno, uscito nel 1911, ispirato alle celebri immagini di Gustav Doré; ma c’è anche un Paolo e Francesca di Raffaello Matarazzo (1950); tra i riferimenti, si ricordano quelli pasoliniani di Salò (1975) e di Uccellacci e uccellini (1966) e quelli scenografici di Metropolis (1927) e di Blade Runner (1982), oltre naturalmente a quelli parodistici della trilogia di Totò negli anni Cinquanta; le citazioni, infine, sono innumerevoli. Potenza dell’immaginario dantesco.

Tra fumetti e graphic novel, non mancano certo le declinazioni grafiche del poema dantesco. Un caso per tutti: L’Inferno di Topolino di Martina e Bioletto del 1949-50, capostipite delle celebri parodie disneyane. Alberto Sebastiani, con Quel pasticciaccio meraviglioso: andata e ritorno in Giappone con Go Nagai, si occupa però specificamente della traduzione (meglio: trasposizione iconica e verbale, ideòfoni compresi) della Commedia in giapponese (e relativo ritorno, in qualche caso opinabile, in italiano) ad opera del famoso mangaka (autore di fumetti) Go Nagai, impresa di grande complessità intertestuale interculturale.

una tavola del manga La Divina Commedia di Go Nagai (Kodansha, 1994), J-Pop, 2019

Il manifesto disegnato nel 1912 da Teodoro Wolf Ferrari per il primo modello Olivetti di macchina per scrivere standard, la M1, progettata da Camillo Olivetti – Archivio Storico Olivetti

Dal Sol Levante al marketing. L’intervento di Annamaria Testa, nota creativa e blogger, ci apre lo scrigno ipercolorato del Sommo Poeta testimonial di ogni genere di mercanzia (Dante pop, Dante spot). La rassegna, solo parziale, è spassosissima. Intanto, è Dante stesso ad essere un marchio, un brand (abito e copricapo rosso, corona di poeta laureato, naso importante: un’icona di universalità e di riconoscibilità che neppure la Coca-Cola). E via col catalogo: l’Olio Dante centenario, i sigari, le famose figurine del brodo Liebig, la carta igienica usata come supporto di scrittura della Commedia, il tubetto di silicone. E il carosello con Walter Chiari e Sylva Koscina che si offende se il partner le recita “Tanto gentile e tanto onesta pare” …Infine, l’immagine forse più celebre di tutte: il manifesto firmato da Teodoro Wolf Ferrari nel 1912 per le macchine da scrivere Olivetti.

A questo punto si potrebbe aggiornare la rassegna di Dante pop anche con il logo utilizzato per l’anno anniversario. Dante in tutti i luoghi, in tutti i loghi. Come nessuno mai. 

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