EDITORIA

Dialogo sui libri-gioco di Mara Pace

Dagli esordi de La Coccinella alla condivisione dei saperi nell’esperienza dell’associazione Ts’ai Lun 105: una conversazione con Loredana Farina e due giovani vincitori dei bandi “I libri-gioco si fanno con le macchine” a cura di Mara Pace. L’articolo è stato pubblicato su Andersen n.388 – dicembre 2021. Oggi lo rendiamo disponibile anche online in occasione della pubblicazione del nuovo bando di formazione rivolto a giovani tra i 22 a i 32 anni per conoscere le tecniche di produzione dei libri-gioco destinati alla prima infanzia. In palio due borse di studio del valore di € 5.000,00 lordi ciascuna  per sostenere lo svolgimento di uno stage formativo e lavorativo di due settimane presso la Cartotecnica Montebello S.p.A. di Sarégo (VI), leader europeo nel settore, e per incentivare lo sviluppo di progetti personali. C’è tempo fino al 15 luglio per partecipare. Sostieni Andersen con un abbonamento!

Libri che contengono sorprese. Quando Bruno Munari progettò i Prelibri, pubblicati nel 1980, il suo obiettivo era trasmettere ai bambini questo concetto, perché “la cultura è fatta di sorprese, cioè di quello che prima non si sapeva, e bisogna essere pronti a riceverle”. Bruno Munari alcuni anni dopo, nel 1987, firmò (accanto a Roberto Denti, Carla Poesio, Francesca Lazzarato) anche un testo per il catalogo ragionato della Coccinella, casa editrice che già sul finire degli anni Settanta aveva intuito l’importanza di pensare libri di cartone a misura della prima infanzia, un segmento di lettori che fino a quel momento quasi non esisteva. Lettori che leggono con tutto il corpo e che hanno bisogno di essere invitati a entrare (letteralmente, con le loro piccole mani) dentro i libri.

“Sono stati i bambini a scoprire i nostri titoli in libreria” racconta Loredana Farina, che fondò la casa editrice nel 1977 insieme a Domenico Caputo, Giorgio Vanetti e Giuliana Crespi. “Io devo tanto ai bambini, perché mi hanno aperto la mente. Basta guardarli e ci portano per mano a capire le cose: è una scoperta che ancora mi commuove.”

La prima tiratura di Brucoverde e di Il gufo… e gli altri non andava oltre le mille copie, è stata prima di tutto un tentativo, quasi un azzardo. Ma quelle copertine che, invece di suggerire il contenuto del libro nascondendolo, diventano porta d’accesso alle storie e alle immagini si sono rivelate vincenti e hanno fatto innamorare i bambini. “Ricordo come se fosse ieri la telefonata dell’agenzia che aveva accettato, più per amicizia che per fiducia, di distribuirci. ‘I libri si muovono’ mi dissero. Soprattutto alla Città del Sole di via Dante e alla Libreria dei Ragazzi.”

L’avventura della Coccinella era cominciata: un’avventura di forbici, montaggio e prototipi, dove i libri erano a tre dimensioni anche prima di andare in stampa, cosa che oggi capita sempre più di rado. “Costruire i libri con le mani era senza dubbio molto faticoso” ricorda Loredana Farina, “ma anche più bello. Ti aiutava a percepire l’oggetto. Oggi vedo tanti libri con errori che si sarebbero potuti evitare lavorando al progetto anche fuori dagli schermi. Il nostro era un lavoro artigiano, i problemi si risolvevano uno alla volta, dialogando con gli stampatori.” Perché i libri-gioco si fanno con le macchine, come recita il bando indetto dall’Associazione Ts’ai Lun 105 (fondata dalla stessa Farina cinque anni fa) per promuovere e incentivare la conoscenza delle tecniche di produzione dei libri-gioco, creando occasioni di studio e approfondimento (destinate a diversi pubblici, dagli autori alle famiglie, fino agli editori) e assegnando borse di studio a giovani progettisti. I progettisti possono essere anche illustratori o scrittori, ma sono prima di tutto interessati al progetto, perché è così che nascono i libri-gioco, dove il contenitore è parte della narrazione, e dove talvolta la tecnologia aiuta a risolvere problemi anche di contenuto.

“Il progetto viene prima di tutto, prima delle immagini e delle parole. Una volta messa in moto la macchina, trovata la soluzione, diventa possibile narrare tante cose diverse” sottolinea Loredana Farina. “L’andamento narrativo non è quello della doppia pagina, come nell’albo illustrato: è il progettista che detta la scansione, sempre ragionando su come il bambino potrà usare e fare suo quel libro. I progettisti più bravi li riconosci subito: sono quelli che sanno dialogare con la propria parte bambina.”

Quando a livello tecnico non era possibile qualcosa, Loredana Farina e i suoi colleghi non si accontentavano di una prima risposta negativa, ma andavano in cerca di altre soluzioni. Per realizzare i libri con i buchi hanno chiesto aiuto a un’azienda che produceva scatole per detersivi (“loro avevano le macchine per stampare il cartone!”) e per realizzare i libri “a canocchiale” della collana Tira Tira si sono rivolti a uno stampatore di copertine per vinili. I titoli della Coccinella, ostinati e decisi, per raggiungere i loro piccoli lettori erano disposti a farsi costruire un pezzo per volta, passando da uno stabilimento all’altro. Le macchine venivano modificate perché i libri venissero alla luce.

foto di mara pace

Oggi la fattibilità tecnica di un progetto è valutata troppo spesso fuori dalla casa editrice, perché all’interno ormai mancano le competenze specifiche necessarie. Ai vincitori del bando “I libri gioco si fanno con le macchine” – quest’anno assegnato a Veruska Ceruolo, specializzata all’ISIA di Urbino, e a Giulia Alfonsina Galgano, laureata all’Accademia di Belle Arti di Napoli con la tesi Libro per Gioco: le possibilità comunicative del materiale editoriale – viene data la possibilità di avvicinarsi alla produzione dei libri di cartone, per poi sviluppare un proprio progetto.

“Grazie al bando dell’associazione Ts’ai Lun 105, ho partecipato a un tirocinio di due settimane presso la Cartotecnica Montebello di Sarego, in provincia di Vicenza, dove si producono da decenni libri in cartone” racconta Nicolò Venturi, tra i vincitori dell’edizione 2019. Oggi il suo progetto è entrato a far parte del catalogo della Coccinella (collana “Piccolo mondo curioso”). “Siamo stati affiancati da diversi tutor con competenze specifiche su ogni settore dell’impianto di produzione” spiega, “abbiamo assistito alla totalità dei processi che stanno dietro alla realizzazione di un libro in cartone, dalla ricezione ed elaborazione dei file grafici all’ingegnerizzazione dell’intero procedimento, dalla stampa al taglio e al confezionamento dei prodotti finiti.” Oltre a questo, i ragazzi hanno visitato una tipografia, un fustellificio e partecipato a un incontro con diversi professionisti del mondo editoriale per ragionare attorno a libri gioco di qualità provenienti da tutto il mondo. Poca teoria e tanta pratica perché, come dice Loredana Farina, si impara imparando, e soprattutto facendo.

“La possibilità di osservare i meccanismi attraverso cui un’idea diventa oggetto, con l’intervento delle macchine, permette non solo di comprendere i limiti tecnici della produzione, ma anche e soprattutto di intuire nuovi percorsi” sottolinea Venturi. “Sono sempre stato abituato a pensare i libri in forma tradizionale, realizzati con carte leggere e rilegati secondo metodi classici: il passaggio al cartoncino ha aperto tutto un mondo nuovo di possibilità – fatto di buchi, finestre, incastri e passaggi – per immaginare un’interazione completamente diversa. Il contenuto si libera dalla sua struttura a due dimensioni e avvia un dialogo con il contenitore.”

L’associazione Ts’Ai Lun 105 non partecipa alla pubblicazione dei progetti ma, volendo formare una nuova generazione di autori e progettisti consapevole delle potenzialità del libro-gioco e dotata delle competenze necessarie a immaginarli, offre loro una possibilità concreta per trasformare idee in libri. I progetti migliori emersi nell’ambito di questa esperienza entrano così a far parte di un portfolio, disponibile sul sito dell’associazione e rivolto agli editori (ma utile anche, come materia di studio, per chi vuole candidarsi alla prossima edizione del bando). Accanto ai titoli già pubblicati, Ma gli animali… sono tutti uguali? di Nicolò Venturi e Animali a macchie e strisce di Veronica Sarti (entrambi entrati nel catalogo Coccinella nel 2021), troviamo progetti ispirati al kamishibai, altri che invitano a creare immagini con materiali tessili (sviluppando la motricità fine) o ad avvicinarsi alla scrittura attraverso il pregrafismo, un leporello dedicato al circo, e ancora illustrazioni che giocano con i buchi nel cartone e un libro che racconta la forma dei segni di interpunzione.

“Il punto di partenza” spiega Loredana Farina “è un libro bianco, mobile e non canonico che deve incontrare un’idea.”

I migliori libri gioco, spiega, li riconosci perché dietro c’è un pensiero, un’intuizione. Quando le chiedo di nominare qualche autore contemporaneo, cita il lavoro di Hervé Tullet, di Martine Perrin e, un titolo fra tutti, Prendi e scopri (Fatatrac, 2019)di Lucie Félix , che già dal titolo esprime con particolare forza il concetto di libro-gioco, di bambino che legge toccando e che apprende facendo.

“Nel libro-gioco la forma è espressione del contenuto e, in qualche modo, acquista ancora più importanza rispetto ad altri prodotti editoriali, perché è parte integrante dell’esperienza” aggiunge Alessandra Marin, che si è laureata con una tesi sul libro gioco all’ISIA di Urbino ed è tra le vincitrici dell’edizione 2020. “Se, come dice Munari, il libro è innanzitutto un oggetto, il libro gioco è il libro per antonomasia. Quello che più mi affascina di un prodotto del genere è proprio questa ricerca di unione tra forma e contenuto, che apre a infinite possibilità, sia per il lettore che per il progettista. Quest’ultimo deve sviluppare una buona conoscenza tecnica dei metodi di lavorazione, che diventa supporto alla creatività. Sono perciò contenta di avere l’occasione, grazie al bando dell’Associazione Ts’ai Lun 105, di vedere da vicino il mondo della produzione industriale di questi libri ed entrare in contatto con professionisti del settore che hanno fatto la storia del libro-gioco in Italia”, conclude Marin.

Accanto alla ricerca di idee e alla conoscenza delle macchine, c’è un altro aspetto sempre più importante, e che potrebbe aprire nuove strade. Nel ciclo di incontri che l’associazione Ts’Ai Lun 105 ha organizzato con la libreria Spazio BK, l’ultimo intervento è stato affidato alla neuroscienziata Elena Nava. Alcune intuizioni dell’editoria per la prima infanzia stanno trovando conferme importanti nello studio scientifico del cervello nei primi anni di vita e del cervello che legge, percorsi di ricerca che in futuro potranno offrire indicazioni e spunti, continuando a rispondere alle domande di chi fa e usa libri per la fascia 0-3 anni: da quali colori sono attratti i neonati? Esiste un interesse specifico per la configurazione del volto? Quali immagini sa davvero leggere un bambino di un anno, collegandole alla propria esperienza del mondo? Anche in questo caso si parte dall’osservazione del bambino, ma con gli strumenti più raffinati della ricerca, per verificare ciò che funziona e ciò che non funziona, fornendo strumenti a educatori, genitori, autori, editori, progettisti per proporre e realizzare libri sempre più vicini all’infanzia e al suo modo unico di esplorare il mondo. 

Fotografie di Mara Pace

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