Miglior libro oltre i 15 anni Premio Andersen 2020

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Alla fine del mondo (Mondadori) di Geraldine McCaughrean – trad. di Anna Rusconi

Per un’avventura che recupera le atmosfere dei classici del genere permeandole di nuova linfa vitale. Per una storia dove si scontrano paura e coraggio, in un percorso di formazione fatto di tensione e conquiste. Per la riflessione sulla capacità di adattamento dell’uomo, ma anche sul desiderio mai sopito di conoscere di più, sfidando i propri limiti e affrontando l’ignoto.

 

Traduzione dell’intervento video di Geraldine McCaughrean

Hello! – Buongiorno!
In questo momento mi sento un po’ in colpa, perché mentre il resto del mondo è in lockdown io sono qui tranquilla a scrivere ogni giorno, tutti i giorni. Gli scrittori sono esonerati dal lockdown, e io scrittrice sono. Abbiamo le ali, noi. Possiamo volare nel Passato e nel Futuro, in tutto il mondo e oltre, senza correre rischi e senza dover indossare mascherine. Gli scrittori non sono ISOLATI. Un’isola è un posto meraviglioso dove ambientare un romanzo perché i personaggi sono costretti a cavarsela da soli, senza l’aiuto di nessuno, ma nella realtà non sceglierei mai di naufragare.
Avrei tanto voluto poter montare su una barca e raggiungere i ragazzi bloccati nel 1728 a St. Kilda, lontani dai loro cari in un momento di grande tragedia. Ma non avrei comunque potuto aiutarli più di quanto oggi mi sia dato accorciare le distanze tra coloro che si vogliono bene e sono separati. Tutto ciò che potevo fare era raccontare che quei ragazzi sono esistiti, e inventare per loro una storia come quelle che Quill inventa per sedare le paure dei suoi compagni: l’ho fatto con Alla fine del mondo.
I libri, quando li si scrive e quando li si legge, sono una splendida via di fuga dalle preoccupazioni. Una vacanza dal qui-e-ora, una pausa dalla Realtà. Forse nella situazione attuale è proprio questo il movente migliore per fare letteratura per Giovani Adulti: indurre un manipolo di personaggi a capitombolare fuori dalle pagine per andare ad abbracciare i lettori, a farli ridere, a dargli una sana scrollata e… un buon finale.
(traduzione di Anna Rusconi)

La recensione di Mara Pace su Andersen n. 367 (novembre 2019):

Geraldine McCaughrean prende spunto da un fatto storico per costruire un romanzo di grande intensità e durezza,un racconto di determinazione e sopravvivenza, di civiltà e barbarie, dove si narra il passaggio dall’infanzia all’età adulta, il potere delle storie e la perdita dell’innocenza. Alla fine del mondo, vincitore della prestigiosa Carnegie Medal, nasce da quello che i documenti storici non possono dirci: è il 1727 quando tre uomini e nove ragazzi si trovano in trappola sulla rocciosa e sperduta isola di Warrior Stac dell’arcipelago di St. Kilda. Nessuno, infatti, torna a prenderli com’era previsto, dopo le tre consuete settimane di caccia agli uccelli per fare scorta di carne, uova, piume e olio. La ragione – e questo lo sappiamo perché appartiene alla cronaca di quasi trecento anni fa – è una terribile epidemia che ha sterminato gli abitanti di Hirta. Il gruppo a Warrior Stac immagina che sia giunta la fine del mondo: come altro spiegarsi che le loro famiglie li abbiano dimenticati condannandoli a morte quasi certa? L’autrice si concentra su questo elemento: l’assenza di informazioni certe e la reazione di uomini e bambini di fronte a un evento tanto catastrofico e ineluttabile, che li spinge a confrontarsi con la disgregazione delle regole sociali e la follia.Al tempo stesso Geraldine McCaughrean ci regala il ritratto di un luogo impervio e affascinante, primitivo e isolato, abitato da uccelli oggi estinti: una terra che mette l’uomo di fronte a se stesso e alle proprie azioni (come già in un altro romanzo dell’autrice, The White Darkness, storia di un folle e pericoloso viaggio in Antartide). Il fascino delle isole è ben presente nella letteratura (per ragazzi e non solo), dai grandi classici come Il signore delle mosche di William Golding o Robinson Crusoe di Daniel Defoe ai titoli più recenti; basti citare i due romanzi che Guido Sgardoli ha ambientato sulle isole rocciose dei mari nordici: The Stone in Irlanda (Premio Strega 2019) e L’isola del muto in Norvegia (Premio Andersen 2018 come miglior libro oltre i 15 anni). Le isole sono infatti mondi isolati, che hanno regole proprie, e rappresentano uno spazio perfetto per costruire storie, ma anche per ascoltarle: il giovane Quill, che sull’isola viene battezzato “Custode delle Storie”, attraverso le sue narrazioni si fa odiare e amare, salva e condanna. A tutto questo Geraldine McCaughrean unisce un altro fil rouge, la riflessione sulla fine del mondo (già peraltro affrontato in un altro romanzo, Non sarà la fine del mondo, Salani), un timore che mette a dura prova i personaggi e che ci porta non soltanto lontano dalla civiltà,ma ai confini del tempo concesso agli uomini e alle altre creature che popolano la Terra.

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