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Giana Anguissola di Carla Ida Salviati

giana anguissola

Un profilo di una grande autrice, cardine della letteratura per ragazze del dopoguerra italiano, tracciato da Carla Ida Salviati su Andersen n. 319 – gennaio/febbraio 2015.

Giana Anguissola è stata una forte e amata presenza tra le ragazze italiane (lettrici) cresciute nel dopoguerra e, seppure qua e là, venga definita “autrice dimenticata” è oggi oggetto di attenzioni critiche sia per la qualità spigliata della scrittura sia per la descrizione dell’universo femminile che fu al centro della sua attività editoriale.

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Esce ora per le edizioni ilpepeverde.it la monografia di Donatella Lombello Soffiato corredata da un titolo assai azzeccato – Da donna a (quasi) donna. La scrittura per ragazze di Giana Anguissola, edizioni ilpepeverde.it (solo in formato digitale .pdf), 2014 – che, già da solo, mette a fuoco la natura dell’impegno dell’Anguissola, intenta non solo a perlustrare i piccoli e grandi dilemmi dell’adolescenza, ma anche a confrontarsi con il suo pubblico nell’intento di costruire un dialogo intergenerazionale. Nato per l’occasione di un convegno svoltosi a Roma nel marzo dello scorso anno, il saggio ripercorre alcune delle tappe della narrativa dell’autrice piacentina, esplorando le trame delle opere più celebri.

vacanze vioeltta giana anguissolaÈ qui da ricordare la notevole fortuna editoriale che ha premiato Giana Anguissola: basti pensare alle numerosissime riedizioni di titoli come Priscilla (uscito per Mursia, 1958) che il medesimo editore ripropone nel 1995, oppure Il diario di Giulietta (Editrice La Sorgente, 1961) ristampata fino al 1993, oppure Violetta la timida (Mursia, 1963) ancora pubblicata nel 2001. Un tale perdurare nei cataloghi (soprattutto in quello di Mursia, suo editore d’elezione) può essere interpretato in modi diversi e persino opposti: per un verso, lo si potrebbe attribuire al lento e non omogeneo rinnovamento della produzione italiana per gli adolescenti fino a metà degli anni ‘90, ritardo che ha consentito a tanta narrativa tradizionale e ai “classici” di continuare a godere, nonostante il mutare dei tempi, di un proprio significativo mercato; dall’altro, però, il fenomeno potrebbe evidenziare la vitalità della scrittura dell’Anguissola, capace di parlare anche a generazioni di ragazzine assai più vicine a noi piuttosto che a lei, scomparsa nel 1966. Personalmente propendo per questa seconda ipotesi, in particolare a proposito di Violetta la timida, forse il suo racconto migliore, dove l’autrice descrive con ironia le ambasce di una bambina affetta dalla “sindrome del coniglio”, fifona ogni oltre dire (all’inizio) e piuttosto solida (alla fine): la metamorfosi avviene grazie ad una serie di divertenti avventure a seguito delle quali la tremebonda ma talentuosa protagonista sbucherà dal bozzolo per spiccare infine il volo,come prescrive ogni fiaba che si rispetti.

storie di ragazze giana anguissolaRiprendendo con abilità l’ordito di sempre, pepandolo con il sorriso e il ritmo di una scrittura veloce già consapevole della rapidità comunicativa dei media, l’Anguissola confeziona una storia che regge nel tempo. Il saggio della Lombello Soffiato, oltre a ricostruire le trame più felici della produzione dell’autrice, ha il pregio di recuperarne la bibliografia critica ricordando, tra altri, gli articoli di spessore di Marino Cassini e di Beatrice Solinas Donghi, entrambi apparsi su “LG Argomenti” nel 2006 in occasione del centenario della nascita e del cinquantenario della morte.

Oggi possiamo dunque contare su un certo numero di studi attorno ad una scrittrice che costituisce un vero ponte tra la vecchia letteratura per “ragazzine”- intrisa di teneri palpiti adolescenziali descritti in ambienti tipicamente “rosa”- e la narrativa italiana successiva al ’68 attraversata da un più deciso segno di trasgressività. Le Priscille, le Violette, le Giuliette possono essere davvero considerate le sorelle maggiori di Lavinia e di Tea Patata: di queste ultime, però, esse non condividono la divergenza, la ribellione mal sopita, la frattura degli schemi affettivi tradizionali, e anche l’intima solitudine.

“La vocazione dell’Anguissola – osserva Donatella Lombello Soffiato – sembra essere, in ogni caso, quello della ‘leggerezza’” e accenna violetta la timida giana anguissolaall’umorismo “attraverso cui sono ridimensionate le scene più drammatiche” partecipando alle lettrici la consapevolezza che anche “attraverso decisioni piccole” si costruisce il proprio futuro. Sorelle, dunque, ma di generazioni diverse, molto diverse: non si ritrova infatti altrettanta saggezza nelle ragazzine di Bianca Pitzorno che, una quindicina di anni dopo la scomparsa dell’Anguissola e dopo la fine di quello straordinario palcoscenico che fu il “Corriere dei piccoli”, avrebbero occupato l’immaginario delle giovani lettrici. Giana ha certamente anticipato l’autodeterminazione femminile con i suoi personaggi che sembrano reggere le sorti del proprio destino, sia quello affettivo/amoroso sia quello professionale, segnando una svolta nella letteratura destinata alle ragazze. Il cambio di direzione rispetto alle passive eroine dei Delly (giusto per proporre l’assoluto contraltare) resta però sottotraccia, e non è un caso che l’Anguissola sia sempre stata molto apprezzata dal mondo adulto, che l’ha percepita come autrice briosa, felicemente capace di parlare alle adolescenti ma assolutamente intransigente sui principi morali, nemica giurata dei “colpi di testa”.

giulietta giana anguissolaInsomma, il nome di Giana era una garanzia: piaceva, divertiva, e (indirettamente) formava. Anzi, a rileggerla oggi come fa la Lombello Soffiato, ci sembra che non perdesse occasione per educare, anche a costo di cedere alla tentazione di qualche predica di troppo. C’è un libro, meno noto di quelli ripercorsi nel saggio ma diffusissimo al tempo, che esplicita molto bene la capacità dell’Anguissola di mediare tra i valori del mondo adulto e le contraddizione (i disordini, verrebbe da dire) della crescita femminile, ed è Signorina tu! ( Editrice La Sorgente, 1962). Non è un romanzo, è piuttosto una guida al buon comportamento, una sorta di moderno, sorridente vademecum: in qualche modo, potrebbe essere considerato l’ultimo esemplare della produzione (fecondissima in passato) di manuali per le signorine da marito, che attraverso la lettura si dove vano esercitare alla vita e che in tali pubblicazioni trovavano mille suggerimenti, dalle ricette casalinghe per ottenere una dentatura smagliante alle tracce di lettere per condoglianze… il tutto sempre a conferma del modello sociale “inamovibile” della donna moglie e madre.

Giana Anguissola rivisita il genere, lo riempie di vignette spiritose, lo adegua al mondo delle ragazzine degli anni ‘60 che cominciavano ad essere educate più dalla televisione che dalle nonne e dai parroci (e lei ben lo sapeva, pioniera com’era stata della TV). Così, tra un suggerimento d’abbigliamento e un altro di bon ton, non manca di elogiare i comportamenti tradizionali, a cominciare (ad esempio), dai volti “acqua e sapone” contrapposti ai mascheroni cigliati che dilagavano al cinema, e non solo… Così Giana Anguissola riusciva a far arrivare la sua idea di donna alla (quasi) donna che la leggeva con ammirazione e affetto: una scrittrice ponte, si è detto. Due anni dopo la sua morte il mondo femminile, bene o male, non sarebbe stato più lo stesso.

 

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